Torce, pettorine e secchiello
Solo così si salvano i rospi

Una videostoria realizzata per raccontare l'impresa dei volontari che, ogni sera, sulle sponde del lago di Montorfano aiutano i piccoli rospi ad attraversare la strada per potersi riprodurre sulle sponde del lago

COMO - Scivolano dalle pendici della montagna, attraversano campi, sentieri e pietraie, lenti e determinati si intrufolano nei giardini delle ville scavalcando muri e cancelli, poi oltrepassano aiuole e pozzetti e raggiungono la strada, l'ostacolo più infido che l'uomo abbia messo sul loro cammino.
Sono i rospi comuni, anfibi innocui e molto diffusi nelle nostre zone, che ogni anno, tra febbraio e marzo, tentano di raggiungere le sponde del lago di Montorfano per potersi riprodurre. Il loro cammino - poche centinaia di metri tra andata e ritorno - rappresenta quanto di più pericoloso si possa congegnare in materia di migrazione animale, un viaggetto al cui confronto un Camel Trophy nel Borneo è una promenade per vegliardi. Negli ultimi anni il richiamo istintivo che muove i rospi verso i corsi d'acqua per la deposizione delle uova ha provocato un'infinita strage, legata all'attraversamento di strade ad alta percorrenza. Ed è questo il motivo per cui, da qualche stagione a questa parte, lungo via Como, a Montorfano, un gruppo di volontari dell'associazione «L'ontano» si dà appuntamento ogni sera all'imbrunire, armato di torce, pettorine catarifrangenti, guanti in lattice e secchielli per raccogliere rospi da sottrarre alla morte per schiacciamento. «È un lavoro più difficile di quanto sembra - raccontano i volontari, divisi in più turni - Occorre prendere nota di tutto. Dei maschi, delle femmine, dei vivi e dei morti». Su un lungo tratto di via Como, quello che scorre più o meno parallelo a via Crotto Urago, strada residenziale che taglia il monte sul suo versante sud occidentale, l'associazione ha steso circa 250 metri di barriere di legno e cellophane, contro cui gli animali sono costretti a fermarsi prima di affrontare l'attraversamento. È questo il "fronte" sul quale, ogni sera, sudano i volontari. «Abbiamo iniziato quattro anni fa - racconta Francesco Greco, presidente de "L'ontano" - e oggi registriamo i primi risultati. Il numero di esemplari raccolti è aumentato, anche se ci sarebbe ancora molto da fare. Per esempio per tutelare il percorso inverso, quello che i rospi compiono per tornare alla montagna dopo avere deposto le uova. Finora non è stato possibile perchénon tutti seguono il medesimo itinerario. Inseguono sentieri che conoscono grazie al loro istinto, percorsi tortuosi sui quali costruire, miracolosamente, la propria sopravvivenza. Sono animali piccoli e affascinanti». A Montorfano è mancata, negli ultimi anni, la possibilità di stilare piani regolatori che tenessero conto della necessità di ricavare corridoi ecologici, come accade per esempio in Svizzera. Ed è un problema che non riguarda soltanto questo comune: «Nelle ultime settimane - prosegue Greco - grazie all'aiuto di tanti ragazzi e ragazze che arrivano da ogni angolo della provincia, stiamo aiutando una volontaria di Ronago, che ogni sera, in qualunque condizione meteo, aiuta i rospi ad attraversare nei pressi del valico. Per anni è stata una strage, tanto più che le punte di traffico dei frontalieri si registravano all'imbrunire. E per la quantità di animali morti certe notti non si vedeva neppure l'asfalto». Oggi la situazione a Ronago sta migliorando, così come a Montorfano e in tanti altri comuni della provincia. Ma l'estinzione del «bufo bufo» - nome scientifico, e buffo, del rospo nostrano - rimane un rischio concreto.
Stefano Ferrari

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