Gli ambientalisti: "Da Chernobyl
i bidoni radioattivi di Rovello"

A venticinque anni di distanza i fantasmi del disastro nucleare ricompaiono in paese sotto forma dei bidoni custoditi ormai da un ventennio nella fonderia Luigi Premoli e figli spa

ROVELLO PORRO A venticinque anni di distanza i fantasmi del disastro nucleare di Chernobyl ricompaiono in paese sotto forma dei bidoni con materiale radioattivo custoditi ormai da un ventennio nella fonderia Luigi Premoli e figli spa. Che quel materiale provenga dalla centrale nucleare ucraina ne è convinto l'ambientalista Vittorio Lovera, un passato da consigliere comunale a Saronno, che aveva seguito tutta la vicenda.
Tracce di cesio 137 erano state rinvenute, nel corso di controlli di routine della primavera 1990: risalendo dal Po al Lambro, al Lura i geologi e tecnici del Pmip milanese erano arrivati ad una vasca di decantazione della fonderia rovellese, dalla quale le acque finivano nel torrente Lura. In questo modo era stato possibile scoprire che nell'impianto (poi rimasta chiusa per un anno per le opere di bonifica) erano giunte delle scorie di alluminio contaminate.
«Quella vicenda me la ricordo bene - racconta lo stesso Lovera, oggi presidente del comitato Itala tobin tax, tesoriere nazionale del comitato promotore dei referendum sull'acqua e del gruppo Attac Italia – assieme a Marco Bersani, come me impegnato nel movimento ecologista, ed all'ingegnere nucleare Dede Busnelli, avevamo preparato un dossier veramente molto preciso risalendo all'originale del materiale ferroso in questione che, secondo noi, proveniva da Chernobyl dove quattro anni prima si era registrato il ben noto incidente nucleare, ed era poi arrivato in Italia, tramite una società svizzera ed un'altra azienda di Brescia; da quel che ci risulta, la destinazione finale era l'Alfa Romeo e, in particolare, gli chassis della 164. Il nostro dossier era stato utilizzato dall'allora senatore dei Verdi Emilio Molinari, per presentare in Parlamento una formale richiesta di controlli sui materiali in entrata nelle aziende. Sulla questione del cesio rovellese è poi purtroppo calato un silenzio di tomba e penso sia quindi oggi più che mai necessario fare chiarezza su che fine hanno fatto quei trenta bidoni».
«Ritengo sia giusto fare di tutto per accertare qual è la situazione attuale – fa sapere Mariuccio Orsenigo, attuale consigliere del gruppo d'opposizione Insieme per Rovello, che aveva sollevato per primo il problema in consiglio – ritengo però che, arrivati a questo punto, dovrebbe essere la Regione Lombardia a prendersi carico dello smaltimento del materiale contaminato, senza addebitarne i costi alla fonderia che si è preoccupata di custodirlo per tutto questo tempo».
Si accende il dibattito sulla vicenda con il sindaco Gabriele Cattaneo e l'assessore Denis Balestrini intenzionati a convocare un tavolo tecnico confronto con Asl, Arpa Enea e fonderia  Luigi Premoli spa, per chiarire come e quando vengono svolti i controlli e definirne il definitivo smaltimento.

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