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Venerdì 03 Giugno 2011
«I profughi in hotel?
Colpa dei Comuni»
Il vice prefetto: «Altro che emergenza immigrati, a Como sono soltanto 63 e non creano alcuna preoccupazione». Il problema, semmai, è «la risposta al di sotto delle aspettative» giunta dalle amminstrazioni, tanto che si è dovuto utilizzare un albergo e «potrebbe accadere di nuovo» in caso di nuovi arrivi. Mentre meritano un applauso «le associazioni e le parrocchie che si sono subito attivate».
È il quadro tracciato, mercoledì sera, dal vice prefetto Corrado Conforto Galli, che ha partecipato - in una gremita sala parrocchiale di Camerlata (circa 150 presenti) - all'incontro promosso da Acli e Caritas intitolato «Non abbiate paura - Esperienze di accoglienza a Como».
Il vice prefetto ha sintetizzato in modo chiarissimo quanto accaduto finora e quanto potrebbe accadere, ripetendo che - a dispetto delle polemiche - sul Lario non c'è motivo per allarmarsi o gridare all'invasione. «I primi a sbarcare a Lampedusa sono tunisini, migranti per motivi economici - ricostruisce - Vengono create alcune tendopoli al centro-sud, poi un'ordinanza riconosce la protezione umanitaria e assegna un permesso di soggiorno di 6 mesi. A Como, il 16 aprile, arrivano 23 tunisini e vengono ospitati tra Tavernola e Camerlata. In una fase successiva, compaiono i barconi con persone provenienti dalla Libia. Loro possono chiedere asilo e ottenere lo status di rifugiato politico ed è bene distinguere le due fasi, per non creare confusione». «Alla prima circolare inviata dal prefetto - prosegue - per cercare strutture destinate all'accoglienza, tutti i Comuni rispondono picche, a tempo di record. Su richiesta del ministero dell'Interno, analizziamo allora i beni demaniali presenti sul territorio, trovando tre ex caserme: due inutilizzabili a Camerlata, mentre quella di Capiago potenzialmente adatta. Ma era solo una ricognizione. Di fatto, otteniamo solo il sì del Comune di Como per il centro di Tavernola, già convenzionato con la prefettura, e per quello di via Conciliazione. Fortunatamente si attivano Acli, Caritas e parrocchie, dobbiamo ringraziarli…». Subentra poi la Protezione civile nazionale: «Con l'Anci e il tavolo Stato-Regioni si decide di suddividere i profughi in modo proporzionale ai residenti. Alla provincia di Como ne spetterebbero 103 ogni 10mila arrivi in Italia. Ogni Regione dovrebbe nominare un referente deputato a individuare e allestire i centri, ma la Lombardia non lo fa e la Protezione civile affida l'incarico al funzionario Roberto Giarola. La gestione spetta invece alla prefettura di Milano, che si avvale delle prefetture locali, le quali a loro volta stipulano convenzioni con il mondo associativo». Ma i Comuni lariani continuano a fare spallucce: «Nonostante una seconda lettera del prefetto, non danno disponibilità. Quindi Giarola deve far ricorso all'hotel Baradello, non ha altra scelta». E si arriva alla situazione odierna: «In albergo alloggiano 18 profughi (gli altri 12 arrivati inizialmente sono andati a Varese e Sondrio), mentre 15 a Tavernola, 15 dai padri comboniani a Rebbio, 6 nella casa delle Acli a Camerlata (tunisini, ndr), 6 alla parrocchia San Martino di Rebbio e una coppia con un figlio in parrocchia a Olgiate Comasco, sede che ho reperito personalmente visto che il Comune era commissariato. Perciò parliamo - rimarca Galli - di 63 persone in tutto, altro che allarme. Siamo un'isola felice e numeri del genere non creano alcuna preoccupazione. In certi periodi a Tavernola c'erano 50 migranti e la città non se ne accorgeva nemmeno. Mi permetto di ricordare che, nell'emergenza Kosovo, anni fa abbiamo gestito centinaia e centinaia di arrivi. Anche 500 persone, divise in piccoli gruppi, non darebbero problemi. Senza micro-strutture, però, il rischio diventa quello di una maggiore concentrazione in alcune zone. Non so se ci saranno nuovi arrivi a breve, ma è presumibile che gli sbarchi proseguano e una quota parte toccherà a noi. Se i Comuni metteranno a disposizione qualche posto, bene. Altrimenti, si useranno ancora gli alberghi (lo Stato stanzia 46 euro al giorno per ogni richiedente asilo, ndr). La risposta delle amministrazioni per ora è stata al di sotto delle aspettative».
Michele Sada
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