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Martedì 21 Giugno 2011
Scienziata per caso (e passione)
"Così ho scoperto la luce che cura"
Fin da bambina Filomena Finelli ha intuito l'importanza della percezione dei colori: oggi la sua scoperta è stata pubblicata con l'avallo di importanti studiosi
Quando non vi è energia non vi è colore e non vi è vita, diceva uno dei più famosi artisti di tutti i tempi, Michelangelo Merisi, meglio conosciuto come il Caravaggio, che alla luce ha dato un rilievo notevole nei suoi dipinti. L'importanza della luce per la vita è qualcosa di lapalissiano, lo si impara sin dai primi esperimenti che si fanno alle scuole elementari: tenete dei semi alla luce, altri al buio… tutti sanno cosa succede. Filomena Finelli, canturina d'adozione, è andata oltre e ha fatto della luce una vera e propria missione, scoprendo un metodo di analisi e diagnosi basato sulla percezione dei colori, che ha portato ad una pubblicazione scientifica su una rivista internazionale, "The Journal of agopuncture and meridian status", firmata dalla stessa Finelli e da diversi scienziati italiani, tedeschi e indiani. Un traguardo importante, visto che non è sempre facile da ottenere.
Negli ultimi decenni sono stati sviluppati diversi test fondati sulla percezione del colore e della luce ed esistono anche alcune terapie basate su questi concetti. Ad esempio, molto noto è il test ideato dallo psicoterapista svizzero Max Luscher. Questo test, comunemente conosciuto come diagnostica dei colori di Luscher, prevede che il paziente scelga dei colori preferiti da una selezione che gli viene proposta. Il metodo è fondato sull'ipotesi che le selezioni di colori, essendo guidate dall'inconscio, rivelano la persona come è realmente e non come essa si percepisce o vorrebbe essere percepita. «Ho scoperto l'importanza della luce che percepiamo dietro le palpebre all'età di 9 anni», ci spiega la Finelli. «Sono più di 30 anni - continua - che mi occupo di questo fenomeno: sono andata in Svizzera a studiare medicina alternativa e ad Atene a studiare astrologia medica». Questa «ricercatrice empirica che ha fatto studi poco comuni» - così l'ha definita Emilio Del Giudice, fisico, ricercatore dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dell'International Institute of Biophysics di Neuss (Germania), che è fra gli autori della pubblicazione - ha nel tempo affinato la sua tecnica e, nel 1999, ha aperto a Cantù un centro per la risoluzione di problemi psicosomatici contingenti (vedi il sito http://www.bluegreentherapy.it), dove ha trattato più di 4500 casi. «Considero la mia tecnica una risposta occidentale alla medicina alternativa orientale». Il metodo ideato dalla Finelli consiste in questo: dopo un rilassamento di pochi minuti ad occhi aperti, in un ambiente non troppo luminoso, al soggetto viene chiesto di chiudere gli occhi e di seguire l'evoluzione temporale, durante un intervallo di tempo di diversi minuti, dei colori che gli possano apparire. Si osserva che l'evoluzione nel lungo periodo dei colori segue sempre il graduale cambiamento dal rosso al violetto. Dopo un certo tempo, l'immagine evolve fino ad un certo colore dominante. Nel caso di un soggetto sano, l'immagine evolve fino al blu o al viola, mentre questa sequenza di colori si ferma ad un altro colore per un soggetto che abbia qualche disturbo. Per esempio pazienti con grosse depressioni non riescono a visualizzare nessun colore; ancora, pazienti con problemi di stomaco possono vedere soltanto fino al giallo. «Questa tecnica non è solo diagnostica, ma può anche essere terapeutica». Nell'articolo scientifico pubblicato dalla Finelli si legge che «ripetendo regolarmente l'osservazione dell'evoluzione dei colori, dopo un'osservazione di pochi minuti, di una luce non molto brillante, nel caso migliore la luce naturale del sole all'alba o al tramonto, i pazienti possono vedere col tempo più colori con lunghezze d'onda sempre più brevi e possono migliorare la loro salute». Dopo aver conosciuto Del Giudice tramite una paziente trattata dalla Finelli, il fisico si è dimostrato molto interessato all'argomento, coinvolgendo diversi scienziati, fra i quali il tedesco Fritz-Albert Popp, biofisico che da sempre si è occupato di biofotonica ed ha coniato il termine biofotone, riferendosi al fotone emesso da un organismo biologico (la teoria dei biofotoni, ideata da Popp, prevede che sia il Dna la sorgente più probabile di biofotoni). «In un certo senso, è stato il grigio della Brianza ad ispirarmi, visto che io sono l'esatto opposto, mi sento piena di luce ed energia - conclude - sono orgogliosa del mio lavoro e della pubblicazione; mi sono sempre autofinanziata. Ora il mio obiettivo è occuparmi dei malati di cancro, visto che in queste persone, anche prima che la malattia sia manifesta, non vedono il blu».
(*Dottore di ricerca in Medicina molecolare presso il San Raffaele di Milano)
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