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Venerdì 29 Luglio 2011
Usurai vecchi per la prigione
"Io vittima, pago ancora"
L'ex titolare della pizzeria Vesuvio a Como: "Vorrei solo riavere quello che mi hanno portato via. Mio marito per questa storiaccia è pure morto"
COMO Alla fine dello sfogo a tradire quel male vecchio di 10 anni, e che non se n'è più andato alla faccia del tempo trascorso, ci pensano gli occhi. Trattiene a stento le lacrime, la signora Anna. Lo fa al termine di un racconto che sembra una requisitoria, un atto d'accusa più in punta di cuore che di diritto, contro quei due uomini che «hanno ridotto me e la mia famiglia sul lastrico». Due anziani, ai quali una giustizia troppo lenta per essere vera ha stretto le manette ai polsi per un paio di notti e non di più, dopo che la loro condanna a tre anni e mezzo per usura è passata in giudicato.
Loro sono Camillo Roda ed Edda Pensotti, marito e moglie, 82enni di Malgrate, nel Lecchese. Finiti nei guai nel Duemila per un'accusa da loro respinta, anche se ben tre gradi di giudizio, Cassazione inclusa, l'hanno confermata. Nelle scorse settimane, con la pena passata in giudicato, li hanno portati in prigione. I loro legali sono riusciti a farli uscire in pochissimi giorni. Una vicenda che, nelle vittime dei due usurai, ha riaperto antiche e mai rimarginate ferite.
«Mio marito, per quella storiaccia, è pure morto».
A parlare è Anna Santoro, sessantenne ex proprietaria del ristorante pizzeria Vesuvio di via De Cristoforis. È stata lei, assieme ad altri due esercenti comaschi, ad accusare la coppia Roda-Pensotti di averla strozzata con tassi d'usura, proprio mentre tentava di trasformare un sogno in una realtà.
«Avevamo appena aperto la pizzeria - ricorda davanti a una tazza di caffè - Avevamo dato loro l'incarico di fare dei lavori nel locale, per 200 milioni di lire. Ne avevamo già pagati 90, quando abbiamo mancato il pagamento di una cambiale di 5 milioni». E si apre l'inferno. «I 110 milioni che rimanevano da pagare sono diventati un miliardo e 400 milioni», racconta la signora Anna. «Ogni volta ci sottoponevano tre cambiali: una da firmare subito, le altre erano per gli interessi». Nel 2002 la musica cambia: «Ho deciso di denunciare. Non ce la facevo più. Ricordo che sono stata giorni interi in guardia di finanza a raccontare la nostra storia».
Il marito della signora Anna, nel frattempo, si ammala. Morirà pochi anno dopo: «Lui non voleva denunciarli, ma io contavo le cambiali e capivo che non potevamo andare avanti».
Dopo la denuncia la signora Anna ricorda mesi di grande paura. E sempre stata convinta che dietro quei due ci fossero altre persone ma non sono mai state trovate le prove.
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