Paratie, ritardi e maxi penale
"Intervenga la corte dei conti"

Paratie a Como, il cantiere resta fermo e per il Comune si fa sempre più concreto il rischio di dover pagare una maxi penale all'azienda che si è aggiudicata l'appalto.

COMO Paratie, il cantiere resta fermo e per il Comune si fa sempre più concreto il rischio di dover pagare una maxi penale all'azienda che si è aggiudicata l'appalto. Anche perché la veneziana Sacaim - come emerso nei giorni scorsi - è finita in amministrazione straordinaria ed è difficile pensare che il commissario faccia sconti a Palazzo Cernezzi: «Guarderà il contratto e applicherà le sanzioni previste, il che si tradurrà nell'ennesimo salasso per i comaschi», denunciano i consiglieri comunali di opposizione.
Consiglieri che si dicono pronti a chiedere, qualora le penali venissero applicate, l'intervento della Corte dei Conti, in quanto «si spenderebbero altri soldi pubblici a causa dell'incapacità dell'amministrazione» e «si tratterebbe di uno spreco inaccettabile». Il contratto sottoscritto dal Comune e da Sacaim, d'altra parte, è chiarissimo e parla di 7.755 euro da pagare per ogni giorno di ritardo sul cronoprogramma. La cifra può essere richiesta da Palazzo Cernezzi all'azienda, ma vale ovviamente anche il contrario, a patto che lo stop imputabile all'amministrazione cittadina sia superiore a sei mesi (in una sola volta oppure a più riprese). Un termine, quest'ultimo, ormai superato ampiamente, visto che il Comune ha imposto una lunga serie di interruzioni, dalla vicenda del muro fino allo stop del 24 gennaio scorso, in attesa della seconda perizia di variante (non ci sono certezze sulla ripresa dei lavori e il commissariamento di Sacaim ha ulteriormente complicato le cose).
«Siamo ben oltre i sei mesi di blocco - afferma il capogruppo del Pd in consiglio comunale, Mario Lucini - e quindi, in base al contratto, l'azienda ha la possibilità di rivalersi sull'ente appaltante. È un'altra spada di Damocle, un macigno che pende sulla testa dei comaschi. Anche senza addentrarsi nei dettagli, è evidente che si rischia di dover spendere ancora molti soldi pubblici. Se lo scenario dovesse concretizzarsi, la Corte dovrebbe indagare anche su questo aspetto».

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