L'addio all'ex sindaco Botta
«Uomo leale, fallì poche volte»

Non c'è passaggio della vita politica di Alberto Botta di cui Sapere, suo acerrimo nemico (politico, ovviamente), non conservi ricordo. Eppure, lui si commuove: «Quando mancò mia figlia, fu il solo a non abbandonarmi un istante, a restarmi sempre vicino. E mi creda: non lo dimenticherò mai».

COMO Suggerisce Moritz Mantero che la memoria storica del consiglio comunale è senz'altro Vincenzo Sapere, vecchio comunista rigenerato tra le fila del Pd, ieratico e solenne. Mantero ha ragione, perché in effetti non c'è passaggio della vita politica di Alberto Botta di cui Sapere, suo acerrimo nemico (politico, ovviamente), non conservi ricordo. Eppure, al telefono, la voce gli si inceppa di commozione per tutt'altro: «Quando mancò mia figlia, fu il solo a non abbandonarmi un istante, a restarmi sempre vicino. E mi creda:non lo dimenticherò mai».
Oggi che le lacrime sono per lui, per il primo sindaco della seconda repubblica, scomparso a 65 anni dopo una battaglia lunga e difficile contro un cancro, i ricordi si accumulano attorno al tratto di un uomo di umanità profondissima, i cui silenzi, in quegli anni, erano diventati quasi proverbiali: «Era serio - ricorda Mantero, che gli fu avversario nel '94 e che per il quadriennio successivo guidò l'opposizione a Palazzo Cernezzi - Uno sportivo leale, di poche parole, con un bel senso del sacrificio e del lavoro».
Aveva sperimentato la politica sin da piccolo - papà era stato senatore - ma ci si era gettato a capofitto soltanto dopo la discesa in campo di Berlusconi, quando Forza Italia, partito nato da pochi mesi, se non forse addirittura giorni, lo reclutò per parcheggiarlo in cima a una lista di candidati di fatto precompilata. La scommessa non lo spaventava, anzi:uomo del fare, si buttò a capofitto in quella nuova avventura, che concluse con fortune alterne. Del suo doppio mandato - che lo mantenne in sella fino al 2002 - si ricordano almeno un paio di progetti, nei quali aveva creduto moltissimo, ma che rimasero in parte anche un suo grande rammarico. La stazione unica Como - Chiasso, osteggiata spesso senza ragioni davvero fondate, e il tunnel del Borgovico, sorta di "passante" che in qualche modo avrebbe dovuto decongestionare le strade verso il lago e verso la Svizzera.
Erano entrambi progetti che dicevano molto della progettualità di un uomo che proiettava lontano la sua idea di città, ma che non trovò sempre il sostegno necessario. «Le risorse spese per gli studi di fattibilità del tunnel - ricorda ancora Sapere - restarono a lungo uno dei suoi crucci più grandi, sui quali anche noi dell'opposizione lo contrastammo a lungo». Laureato in economia e commercio alla Cattolica, Botta era soprattutto uomo di numeri: gli riuscirono un paio di operazioni importanti, dalla quotazione in borsa di Acsm, che all'epoca era ancora la municipalizzata di acqua e gas, fino al «Metro quadro uguale per tutti», quando decine di operatori furono spediti nelle case dei comaschi per scovare eventuali evasori della tassa rifiuti. In cinque anni - con l'attuale sindaco Stefano Bruni, a sua volta commercialista, nelle vesti di assessore al Bilancio - Botta scoprì un milione di metri quadri non dichiarati, che iniettarono nelle casse del Comune dieci miliardi e ottocento milioni di lire. Nelle sue giunte, di gran lunga più stabili di quelle successive, si cimentarono accanto a Paolo Mascetti - vicesindaco e suo fedelissimo alter ego - Giuseppe Villani, Patrizia Maesani, Paolo De Santis, Giuliano Rampoldi, Franco Villani, tutti più o meno digiuni di politica, con l'unica eccezione di Alessio Butti, all'epoca già parlamentare.

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