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Giovedì 17 Novembre 2011
Ma i Mario Monti comaschi
declinano l'invito: "No grazie"
Alla ricerca di un Mario Monti comasco, cioè di un sindaco tecnico, fuori da matrici politiche, in grado di salvare la città dalla palude in cui si trova
COMO Alla ricerca di un Mario Monti comasco, cioè di un sindaco tecnico, fuori da matrici politiche, in grado di salvare la città dalla palude in cui si trova.
Le categorie economiche hanno indicato tre nomi, figure fuori dai partiti, significativo curriculum professionale, Paolo De Santis, Ambrogio Taborelli e Giulia Pusterla. Hanno dato prova di capacità nei rispettivi settori, hanno un pensiero, sono a contatto con diversi ambienti, hanno presieduto associazioni e sono tuttora impegnati nella vita associativa.
Per onestà, va registrata la posizione di chi sottolinea che l'economia è importante, ma non può essere totalizzante: la società è fatta di tanti aspetti e di tanti settori che esprimono brave persone e capaci: forse la scelta di Mario Monti ha segnato un momento positivo per l'Italia e ha suscitato nuove energie anche nella società civile comasca. In questo momento, i fari sono puntati su chi è specializzato in economia, ma ha sensibilità sociale.
Paolo De Santis, uno dei nomi per un "Monti comasco", ringrazia per le indicazioni e gli apprezzamenti, ma preferisce non intervenire sull'argomento. È impegnato nella vita pubblica dal 1994, quando fu chiamato a far parte della giunta Botta e lo sarà fino al 2014, quando giungerà a termine il suo mandato alla presidenza della Camera di Commercio.
Ambrogio Taborelli è sul podio. Si sente investito da una candidatura? «Sono molto lusingato per i consensi sul mio nome. Ma non posso lasciare la mia azienda - afferma - Monti e Corrado Passera hanno potuto lasciare la propria attività senza remore. Ma io ne avrei remore».
Quattro anni fa, Taborelli aveva previsto esattamente una «crisi drammatica e molto lunga», questa. Come può sottrarsi ad un impegno pubblico chi ha la capacità di vedere tanto lontano? «Mai dire mai. Ma - si schermisce - tante persone sarebbero altrettanto capaci. Il punto è che io, per il momento, non intendo lasciare un'azienda nella quale lavorano 370 persone. Sento la responsabilità di assicurare loro il lavoro. Lo so, c'è una responsabilità anche per gli interessi collettivi. Ma io sento di difendere un interesse collettivo mantenendo posti di lavoro». Si dice disponibile a collaborare, ma «nei limiti». Cioè, prima l'azienda.
In pole position Giulia Pusterla. Non è la prima volta che il suo nome viene indicato per cariche pubbliche: stavolta dirà di sì, se fosse formalizzata una richiesta?
«Sono molto onorata per l'indicazione del mio nome. Ma non è possibile». Come dire: sarà per la prossima volta?
«Ho altre propensioni. Per esempio, mi interessa molto incidere sull'economia e sulla società proponendo norme e leggi - afferma - questo è un settore nel quale porterei le mie conoscenze e le mie esperienze». Da dottoressa commercialista, in effetti, chissà in quale ginepraio si trova. Ma anche la città e il territorio non se la passano bene e le categorie economiche hanno espresso la fiducia che Giulia Pusterla sia in grado di districare i problemi.
«Bisogna cercare oltre me - minimizza - Ho notato che sono stati indicati altri due possibili candidati, persone eccezionali. Io mi occupo di crisi riferite alle imprese, nel settore privato ed intendo continuare a lavorare nel campo in cui mi sono specializzata da tanti anni».
Forse è solo presto per dire sì alla città che, nel suo genere, è come un'azienda.
«No, non è così - rettifica - la città non è un'impresa. È diversa e non dobbiamo fare confusione. Certo, anche nell'amministrazione della cosa pubblica, devono essere introdotti criteri di efficacia e di efficienza. Ma non si può importare nella gestione della cosa pubblica il modello privato applicato alle aziende».
Maria Castelli
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