Confindustria guarda oltre la Cina
Vietnam e Corea, nuova frontiera

Investire in Cina significa aprirsi una finestra commerciale in un mercato maturo, altro che sondare una nuova piazza commerciali.
Un modo, come hanno concordato gli imprenditori intervenuti ieri all'affollato convegno sull'internazionalizzazione nel Far East organizzato da Confindustria, per «far accomodare i ritardatari che non hanno mai voluto credere nelle sue potenzialità».

COMO Investire in Cina significa aprirsi una finestra commerciale in un mercato maturo, altro che sondare una nuova piazza commerciali.
Un modo, come hanno concordato gli imprenditori intervenuti ieri all'affollato convegno sull'internazionalizzazione nel Far East organizzato da Confindustria, per «far accomodare i ritardatari che non hanno mai voluto credere nelle sue potenzialità».
Al contrario, se davvero si desidera sfondare nei mercati emergenti, «si deve puntare ad aprire un distaccamento a Hong Kong, Indonesia, Corea del Sud, Vietnam - ha puntualizzato Andrea Croci, regional manager China - Perché tali piazze sono ancora viste come avamposti per tenere rapporti con i grandi gruppi che operano in Cina. O come "paradisi fiscali", sebbene i Governi stiano cercando di stilare protocolli per tutelare chi investe».
Ma non è tutto. «La Corea del Sud, seconda piazza dopo Hong Kong per tenore di vita - ha puntualizzato Croci - è cresciuta nel 2011 del 3,9%, Singapore del 4,9%. E, se in Cina il Governo sta pensando a misure per la crescita interna, in questi territori stiamo assistendo al proliferare di uno sviluppo che guarda agli investitori esteri».
Vendere in Cina resta, comunque, un'opportunità. Infatti, «stanno ottenendo commesse d'oro pure imprese specializzate nella componentistica o che producono utensili e macchinari - ha precisato Croci - non solo i brand della moda e del design».

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