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Martedì 03 Aprile 2012
Padri separati al dormitorio
«E' il nostro unico rifugio»
Avevano un lavoro, una famiglia, moglie e figli. Si sono separati e hanno perso tutto. E ora si ritrovano alla mensa dei poveri della Caritas.
Antonio riesce perfino a vedersi più fortunato di un padre che incontra al dormitorio a Como. Anche se lui stesso ha perso moglie, figlio e lavoro ed è costretto a mangiare e dormire dove capita.
Antonio riesce perfino a vedersi più fortunato di un padre che incontroa al dormitorio. Anche se lui stesso ha perso moglie, figlio e lavoro ed è costretto a mangiare e dormire dove capita. Perchè?
«Mia moglie ha un buon lavoro, non mi ha mai chiesto niente. Invece il mio amico mi raccontava che doveva sborsare mille euro al mese a moglie e i figli, poi aveva il mutuo da pagare, e non ce la faceva. Ha cominciato a fare debiti finché non ce l'ha più fatta. Sempre in guerra con sua moglie, mi ha raccontato che ha cominciato ad andare a rotoli, beveva per stordirsi. Anche lui ha perso il lavoro: è finito all'Ozanam e va a mangiare alla mensa, ci siamo conosciuti proprio lì in via Tatti. Ci sono storie pazzesche, qualcuno non riesce più a vedere neanche i figli» dice notando che «la colpa per me non è tutta della sfortuna, io un po' del mio ce l'ho messo, lo riconosco».
«E devo ringraziare tutta la gente e i volontari della Caritas che aiutano senza chiedere niente - dice ancora Antonio -, non domandano a nessuno come mai è finito così. Forse lo sanno, o lo immaginano». «Quest'inverno, quando era venuto quel freddo che di notte si rischiava di congelare, mi hanno dato un posto sotto il tendone della Croce Rossa - aggiunge - Ho trovato delle persone davvero generose, i volontari sono molto umani... Fin troppo, c'è gente che se ne approfitta e non dice mai neanche un grazie».
Va avanti così da oltre due anni.
««Mia moglie ha voluto la separazione e io ho dovuto andarmene da casa. All'inizio riuscivo a tenermi in piedi, avevo trovato un monolocale in affitto. Ero a terra, ma avevo ancora il lavoro in officina e la speranza di ricucire la mia vita».
Poi prosegue: «Non dimenticherò mai la mattina in cui me ne sono andato definitivamente e ho visto mio figlio dietro la finestra che piangeva. In quel momento, ho capito che stava andando proprio tutto in pezzi».
La ferita di una famiglia disgregata, di un totale fallimento, Antonio li ha percepiti solo dopo il definitivo distacco: «Quando non c'era più niente da fare, purtroppo, mi sono accorto di quel che avevo perso. Ma ormai. Erano anni che mia moglie mi dava dei segnali, aspettava da me un cambiamento, ma io facevo finta di niente. Non mi andava neanche di parlarne, di affrontare la situazione. Siamo andati avanti quasi vent'anni, ma lei ha deciso così e non tornerà più indietro».
Andrebbe avanti ore a parlare del suo rimpianto, di una specie di rimorso e del fatto che se avesse una bacchetta magica tornerebbe indietro.
Ma i problemi attualmente sono stringenti, non gli danno tregua, deve pensare a come sbarcare il lunario, dove trovare un posto per dormire. «Ho perso il lavoro, diciamo che è stata la crisi. Forse anche la crisi c'entra, ma anch'io non sono più stato quello di prima, da quando sono uscito di casa mi sono lasciato andare. Ho cominciato ad arrivare al lavoro in ritardo, passavo la notte senza chiudere occhio e quando suonava la sveglia, mi ero addormentato da mezz'ora, forse da un'ora. Non la sentivo nemmeno».
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