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Sabato 19 Maggio 2012
Minitransport si cerca il capo
I vecchi soci: «Estranei a tutto»
L'ultimo che manca all'appello è anche il capo, il cervello del gruppo, l'uomo che - spacciandosi per il direttore generale dell'azienda - l'avrebbe trascinata in fondo al baratro.
Bertelli è accusato di essere a tutti gli effetti il capo dell'associazione a delinquere, la mente dell'operazione che, nel volgere di pochi anni, ha inspiegabilmente trasformato una delle più solide ditte di spedizioni d'Italia in una sorta di "fatturificio", una macchina in grado di produrre tonnellate di carte per realizzare una frode fiscale da 400 milioni di euro, acquistando tessuti dall'estero, in regime di esenzione dall'Iva, salvo poi far sparire ogni traccia di transazione in una articolata galassia di società cosiddette "cartiere" e "filtro", per buttare un po' di fumo negli occhi di chi avrebbe potuto ricollegare finti venditori e finti acquirenti.
Con Bertelli, lo ricordiamo, in carcere sono già finiti il suo socio principale, il legnanese Livio Mustoni, e altri due complici, Sergio Brancaleon e Bruno Ferrigo.
La cessione del 2006
Ieri, intanto, sul declino della Minitransport sono intervenuti i fondatori. Paolo Zerboni, per esempio, che la creò con Ernesto Gandola e Clemente Porro nel 1969: «L'azienda - ha detto Zerboni, ricalcando analoghe precisazioni dell'avvocato Alberto Grandi per conto della famiglia Porro - fu ceduta nel maggio del 2006. La vendemmo a un gruppo di nostri manager che avevano costituito una società, la Mir srl. La nostra era una azienda sanissima, che si poteva condurre a occhi chiusi. Un paio d'anni più tardi la Mir cedette a sua volta a questo gruppo di persone. Se avessimo immaginato anche solo lontanamente un epilogo del genere, non avremmo mai venduto.
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