La mensa rimane
alla Ca' d'Industria

Ca' d'Industria vince anche il secondo round legale davanti al Consiglio di Stato in attesa che la vicenda del contratto per i pasti a Fms venga dipanata nel merito dai magistrati amministrativi.

COMO Ca' d'Industria vince anche il secondo round legale davanti al Consiglio di Stato in attesa che la vicenda del contratto per i pasti a Fms venga dipanata nel merito dai magistrati amministrativi.
I giudici del Consiglio di Stato scrivono nel dettaglio che «ritenuta, nell'esame proprio della fase cautelare, che la particolare articolazione della controversia appare meritevole di approfondimento nel giudizio di merito» e accoglie la richiesta cautelare di Fms solo «ai fini della sollecita fissazione dell'udienza di merito in primo grado».
Non interviene, però, sulla rescissione del contratto (siglato quando presidente era  Domenico Pellegrino) fatta dal nuovo consiglio di amministrazione e non accogliendo la richiesta di sospensiva non reintegra Fms.
Per l'attuale cda il contratto rappresenta l'esito di una gara d'appalto anomala, in cui è stata accettata l'offerta di Fms per un minimo garantito di pasti, a prescindere dall'effettiva erogazione, benché il bando di gara non lo prevedesse.
Perciò l'offerta non conforme al bando doveva essere ritenuta inammissibile. Una questione da 500mila euro l'anno, visto che i pasti non erogati pesavano 45mila euro al mese, e che Ca d'Industria da tempo si rifiuta di pagare nonostante le ingiunzioni della società.
«Sono contento - commenta il presidente del consiglio di amministrazione Paolo Frisoni - che sia andata così e ci sono tutte le premesse che anche nel merito la questione finisca bene per Ca' d'Industria. Si resta veramente sorpresi del fatto che un'azienda abbia effettuato un'offerta anomala non prevista dal bando di gara e continui a vantare diritti. Questa vicenda ci causa anche dei danni di immagine, anche a livello bancario».
Frisoni ammette che la chiusura del contratto «porta Ca' d'Industria a risparmiare un sacco di soldi, oltre 500mila euro l'anno».
Dal canto suo Simone Gatto, avvocato e componente del cda che fin dall'insediamento aveva contestato il bando fatto dai predecessori dice chiaramente: «È la dimostrazione che stiamo andando nella giusta direzione per il bene degli ospiti della Ca d'Industria. Il Tar e il Consiglio di Stato dichiarando la loro competenza sulla questione chiariscono che siamo un ente di diritto pubblico e quindi che tutte le nuove misure che ha preso il consiglio in modo trasparente vengono confermate dai giudici».


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