«Un colpo secco
e Denise sanguinava»

Denise è tornata a casa, fra poco ricomincerà ad andare a scuola, in quinta elementare. Ma non può dimenticare lo sparo. Non può dimenticare la notte della semifinale Italia - Germania. Non può dimenticare il sangue. E neanche la paura.

COMO Denise è tornata a casa, fra poco ricomincerà ad andare a scuola, in quinta elementare. Ma non può dimenticare lo sparo. Non può dimenticare la notte della semifinale Italia - Germania. Non può dimenticare il sangue. E neanche la paura.
Nella sua schiena ci sono ancora due schegge.
«Il proiettile è stato tolto ma quelle, ci hanno detto i medici, per adesso è meglio lasciarle lì. Perché sono difficili da estrarre», dice il papà della bambina ferita, 10 anni soltanto e già una storia più grande di lei da raccontare.
Ezio Carnazzola sta cercando di ricominciare a vivere. È da giovedì 28 giugno che la vita della sua famiglia è rimasta sospesa. Cercano tutti di farsi forza l'un l'altro, ma il pensiero di quella sera non si cancella. Anche se Denise fa di tutto per non darlo a vedere. Anche se sua sorella Adriana tenta di aiutarla. Anche se hanno una mamma fortissima, Benedetta, che porta un figlio in grembo. La pancia cresce sempre di più. Il bimbo è atteso a ottobre. Ma la gestazione è stata travagliata e messa in pericolo da quel colpo di pistola.
I fatti di nera sono così. Finiscono sui giornali in prima pagina, poi sempre un po' più indietro, poi spariscono.
Restano le famiglie spezzate a metà. Per questa ci ha pensato uno dei quattro spari partiti dalla carabina di Leonardo Zarrelli, assicuratore di Monte Olimpino. La sera del 28 giugno sparava dal sua balcone, ultimo piano di una casa in via Barberini, con una delle armi della sua collezione. Tre proiettili si sono conficcati nel muro vicino al cartello stradale in via Bellinzona, vicino alla fermata del bus.
«Uno le è entrato da qui - dice il papà indicando la scapola sinistra - e le è uscito da qui». E indica un punto sotto al braccio destro all'altezza della schiena. Una diagonale secca. La stessa linea che è partita dal balcone in via Barberini, altissimo rispetto a via Bellinzona, ed è finito in strada. Nel mezzo del tragitto c'era la schiena della bambina.
«Ora, io mi chiedo come sia possibile credere a lui quando dice che sparava al barattolo. Non poteva sparare in linea retta, sparava per forza verso il basso. Basta guardare dove sono finiti i proiettili e dov'è casa sua. Io quello non so neanche chi sia, non l'ho mai visto in faccia. E a momenti mi uccide la figlia. Cosa dovevo fare se mi restava la bambina paralizzata? Per me contestargli il tentato omicidio è poco, anzi è niente. E gli arresti domiciliari, è stato fortunato, meritava di più». Per la prima volta Carnazzola riesce a parlare di quella sera.

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