Dal pallottoliere al muro
Le battaglie di Bignasca

Il leader della Lega dei Ticinesi. morto ieri stroncato da un malore, era una presenza costante nel dibattito politico sul frontalierato nel Varesotto. Aveva persino progettato un muro al confine per fermare gli italiani. Poi però assumeva frontalieri lui stesso nella sua ditta in Svizzera.

COMO L'ultima in ordine di tempo era stata quella del pallottoliere. «Perché se Berlusconi pensa di risollevare Fallittalia mungendo le banche svizzere si sbaglia - aveva risposto Bignasca, il leader della Lega dei Ticinesi stroncato ieri da un malore a 67 anni - e del resto si dice sempre che in temp da guèra püssee ball che tèra». E poi la proposta di regalare a Berslusconi un pallottoliere per iniziare a fare i calcoli con più calma. «Perché - aveva ribadito il Nano - i conti di Berlusconi stanno né in cielo né in terra». Così a stretto giro aveva chiuso la porta in faccia alle velleità del Cavaliere di chiudere rapidamente un accordo per la tassazione dei capitali italiani detenuti in Svizzera. Fondi che poi avrebbero dovuto essere investiti nell'operazione di restituzione dell'Imu.

Prima però, sul finire dello scorso settembre, si era spinto addirittura a invocare la realizzazione di un muro. Tra Lombardia e Canton Ticino. Tra le province di Como, Varese e il suo Cantone. «Un muro da 50 milioni di franchi per risolvere i tre problemi del Canton Ticino: frontalieri, immigrati irregolari e criminalità in arrivo dall'Italia».

Questa era stata, infatti, l'ultima grande provocazione targata Giuliano Bignasca lanciata dal leader della Lega dei Ticinesi dalla colonne de "Il Mattino": delimitare con un muro invalicabile il confine tra Ticino e Italia, e in particolare con Varesotto e Comasco. Zone che, invece, solo pochi mesi prima avrebbe voluto annesse proprio alla Svizzera, in una sorta di Cantone dell'Insubria. Ma si sa, questo era il Nano. Duro, specialmente con i frontalieri e a parole, ma pronto ad assumerli lui stesso, nella sua azienda di famiglia. Quella contro il frontalierato, però, era stata la sua ultima grande battaglia. «Ormai sono troppi - ripeteva - serve un freno. E se non funziona il muro proveremo con la burocrazia, con i posti di blocco al confine oppure con più tasse».

Così aveva partorito anche l'idea di un'ecotassa da applicare proprio ai 55 mila frontalieri che ogni giorno varcano il confine. Ad attenderli, secondo le sue intenzioni, avrebbe dovuto esserci un balzello di mille franchi l'anno, da affibbiare ad ognuno di loro. Compresi gli artigiani che lavorano occasionalmente in Canton Ticino utilizzando il sistema delle notifiche di breve durata. Anche così era stato in grado di solleticare la pancia dell'elettorato ticinese che gli aveva consegnato lo scettro di leader del primo partito del Cantone.

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