Asso, il bimbo e il campione
Storia di un'amicizia in bicicletta

Sessant'anni d'amicizia, un'amicizia nata tra il campione e il ragazzino con la semplicità tipica degli avvenimenti importanti, un incontro casuale alla pasticceria Ponti di Canzo e la richiesta timida di un tredicenne del 1952: «Posso seguirvi in bicicletta?»

ASSO Sessant'anni d'amicizia, un'amicizia nata tra il campione e il ragazzino con la semplicità tipica degli avvenimenti importanti, un incontro casuale alla pasticceria Ponti di Canzo e la richiesta timida di un tredicenne del 1952: «Posso seguirvi in bicicletta?». Lo seguì, eccome se lo seguì: anni di tornanti percorsi insieme, di thé, borracce, la menta essiccata a Bordeaux, e poi l'inaugurazione del museo al Ghisallo, fino al giorno triste di un funerale a Monticello Brianza.
Il campione era un uomo serio ritenuto un vero professionista, con un Giro d'Italia appena vinto nel 1951. Si chiamava Fiorenzo Magni, e il ragazzino era Giuliano Paredi, classe 1939, oggi 74 anni.
«Io amavo il ciclismo ed ero tifosissimo di Magni, sapevo che si allenava sulle nostre strade diverse volte la settimana. Un giorno lo incrociai in pasticceria a Canzo - ricorda Paredi -. Era lì con i compagni d'allenamento, avevo la bici fuori e così osai chiedergli se potevo seguirlo per un tratto. Non lo conoscevo granché, allora non c'era la televisione nelle case, le gare si seguivano alla radio».
Un tratto durato sessant'anni di vita: «Conosciuti gli orari degli allenamenti inizio ad aggregarmi sempre più spesso. Di solito erano Magni, Albani, Crippa e Piazza, a cui si aggiungeva qualche ragazzo giovane a inizio carriera. E poi c'ero io. Tre volte a settimana partivano da Monza, facevano Lecco e poi salivano da Onno a Canzo per bere un thè in pasticceria. Questo era il giro meno impegnativo, perché a volte, dopo Lecco, andavano Bellano, Introbio, Ballabio, Lecco e poi sempre Canzo per la sosta finale».
Un ragazzino di tredici anni che teneva il passo dei campioni: «In realtà loro erano in allenamento, non tiravano più di tanto, ma io il fisico per stargli dietro l'avevo eccome».
Giù dalla bicicletta Paredi diventa anche, nel suo piccolo, un collaboratore del campione: «Mi appostavo con il thè caldo in una borraccia ad Asso quando c'erano i grandi giri, o gli preparavo i panini col prosciutto».
Alimentazione di atleti d'altri tempi: «Mi ricordo che una volta mi chiese di raccogliergli della menta, di farla essiccare e mandargliela a Bordeaux per il Tour de France, per farne un beverone dissetante».
Paredi la passione per la bicicletta però l'abbandona, e resta legato ai successi dell'amico: «Ho aperto un negozio di cartoleria, il ciclismo richiedeva allenamenti continui, è rimasta una grande passione».
Dopo l'addio alle corse i due continuano a frequentarsi: «Quando saliva per il museo spesso si fermava a bere il thè. Quando ha festeggiato i novant'anni a Monticello mi ha chiamato: "Mi raccomando, non puoi mancare". Era un vero signore, che non dimenticherò mai».

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Eco di Bergamo Il ragazzino e il campione