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Lunedì 22 Aprile 2013
Il vescovo: «Cuore e coraggio
contro la crisi»
Mons. Coletti durante la beatificazione di Nicolò Rusca: «Ci siamo intiepiditi - aggiunge - su passione ed entusiasmo verso i grandi ideali, abbiamo il respiro corto e lo sguardo miope»
È il messaggio che il vescovo, monsignor Diego Coletti, lancia ai suoi diocesani, ai comaschi, nel giorno della beatificazione di <+nero>Nicolò Rusca. Lo aveva detto in Duomo durante la domenica delle Palme («In chiesa per abitudine, ma siamo lontani dal Vangelo») e lo ha ribadito ieri, dopo aver celebrato la messa nel carcere di Sondrio.
Lo ha fatto dicendo: «Mi sono sentito confortato in questo senso anche dalle recenti parole di Papa Francesco. Vivere con tiepidezza non ci porterà da nessuna parte». Ecco allora che servono coraggio, cuore e passione per cercare di costruire «un mondo migliore». «Ci siamo intiepiditi - aggiunge - su passione ed entusiasmo verso i grandi ideali, abbiamo il respiro corto e lo sguardo miope».
E la straordinaria attualità di Nicolò Rusca, beato a 450 anni esatti dalla nascita, passa proprio dalla necessità di «non limitarsi ad ammirare la testimonianza dei santi», ma di «raccogliere la sfida, di cogliere il richiamo».
Tutto questo in momento di crisi economica, che è però anche «crisi di civiltà, di rapporti e di relazioni» che si può affrontare «non con grandi tecniche di gestione, ma rimboccandosi le maniche, uomini e donne, in tutti i campi, ricercando il dialogo e non picchiando i pugni sui tavoli o digrignando i denti. La crisi la si supera scommettendo sulla capacità di rispettarsi, di dialogare e di cercare qualcosa che unisca».
Ciascuno dovrebbe vivere con coerenza, fino in fondo, il proprio lavoro. Rusca prima di tutto, prima della cattura e della tortura che lo ha portato alla morte, era un parroco. Un parroco che seguiva i suoi parrocchiani come un pastore: spiegava loro le cose, semplificandole, e li aiutava in ogni modo stando vicino, concretamente, ai poveri.
«Non è stato qualcosa di straordinario - ha detto Coletti analizzando la vita dell'arciprete di Sondrio a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento - o di eccedente rispetto a quello che era, è stato nei confini di parroco. Il martirio è stato un evento straordinario, ma nella sua dedizione di pastore d'anime, provocato da alcuni fanatici».
Ma mantenere la propria coerenza fino alla fine, non è così facile e manca troppo spesso: «Purtroppo - ha aggiunto - è così dai tempi di Adamo in poi. In questo senso deve essere da stimolo nel ricercare, nella nostra vita normale, le occasioni di fedeltà e di coerenza». Invece c'è «la tentazione a costruire un muro di difesa attorno alla propria vita, ad essere attirati dai vantaggi a proprio uso e consumo e non si guarda al bene comune per cercare, ciascuno attraverso la sua vita, di costruire un mondo migliore».
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