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Venerdì 06 Marzo 2009
In bocca alla crisi: meglio il panino
di pizze e ristoranti
I commercinati: in calo del 10% pranzi veloci e cene
Metà dei comaschi frequenterà meno i locali pubblici
Forse non si tratta di nuovi fenomeni o di visibilità di fenomeni dapprima impercettibili. Forse, invece, sono segni della crisi che avanza, da immobiliare è diventata finanziaria, quindi economica e adesso di consumi. I consumi normali, quelli che “per lavorare, bisogna mangiare” e se si lavora, ci si può togliere anche qualche sfizio, come quello del ristorante.
Infatti, dalla rilevazione compiuta dall’ufficio studi dell’Unione Provinciale Commercio, Turismo e Servizi, emergono i primi segnali recessivi anche per bar e ristoranti: tiene la prima colazione al bar, cala del 9% il pranzo veloce, al bar, in trattoria o al ristorante – pizzeria; diminuiscono dell’11% le cene conviviali e il 50% della clientela di ristoranti e pizzerie ha dichiarato che in questo 2009 frequenterà meno i locali pubblici. Una tendenza al minor consumo che si era già manifestata nel 2008, legata anche alla flessione dei turisti, sia per quanto gli arrivi e le presenze, ma anche per il passaggio e l’anno scorso è terminato con la chiusura di 40 esercizi pubblici addetti alla somministrazione di cibo e bevande, in un settore consistente in 1.646 bar e 1.193 ristoranti, a livello provinciale, da anni in crescita. Su un campione di imprese considerate, l’11% aveva dichiarato l’anno scorso una crescita di fatturato, il 295 stabilità, il 60% una diminuzione e la provincia di Como era tra le posizioni migliori sulla media della Lombardia che dichiarava crescita di fatturato per il 2%; stabilità per il 31% e flessione per il 67%. Per quanto riguarda l’afflusso di clientela, il 9% dichiarava una crescita dei coperti, il 41% stabilità e il 50%, cioè la metà, diminuzione. Che sia anche questione di costi? Su questo fronte, il 48% degli esercenti ha dichiarato aumenti dei prezzi delle materie prime, il 43% stabilità e il 9% flessione dei costi. Ma il 3% ha ritoccato i prezzi del menù, l’81% li ha mantenuti tali e quali e il 16% li ha diminuiti. Occupazione: il 67% l’ha mantenuta, il 3% l’ha aumentata e il 30% l’ha diminuita, nella maggior parte dei casi non ha rinnovato i contratti a termine o gli stagionali.
E i primi mesi dell’anno confermano la tendenza alla diminuzione degli affari, salvo la prima colazione al bar, un’abitudine che resiste anche alla crisi. Per il pranzo di mezzogiorno, la tipologia dell’avventore è cambiata da tempo: d’abitudine, nessuno si siede più regolarmente a tavola, con un pranzo vero e proprio, soprattutto da quando i bar offrono il “piatto veloce” e si sono moltiplicate le offerte, dalle paninerie assortite alle pizze da asporto o al trancio, le piadinerie e così via. Il pranzo è riservato agli incontri d’affari e sono comunque gli stessi ristoranti che si sono attrezzati in vari modi, con offerte tutto compreso a prezzi contenuti. Gli stessi buoni pasto aziendali spesso vengono spesi al bar o al supermercato o in un negozio per panino imbottito e yogurt. Finora, non sarebbe diffuso il “gamellino” portato da casa, ma c’è chi prevede che arriverà molto presto, all’insegna del risparmio. C’è chi si portava il sacchetto da casa, negli anni in cui non esisteva il pranzo veloce, per ragioni di dieta, si preparava a casa insalata e uova, per dire, mozzarella e spinaci, da consumare in ufficio. Adesso, potrebbe attrezzarsi per portarsi il primo piatto caldo in ufficio e una leggenda afferma già che in alcuni uffici è stata avanzata la proposta di acquistare un forno a microonde per la bisogna. Ma c’è già chi alterna: un giorno il fast food e un giorno il panino. Ha fatto un conto sul budget per la pausa di mezzogiorno e ha stabilito che cosa ci sta ancora e che cosa non ci sta più. Poi, arriverà anche l’anno prossimo. Dicono che sarà ripresa.
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