Casinò: i conti del marketing Come si spenna l'emiro
f.angelini
CAMPIONE D'ITALIA Negli anni belli in cui giravano tanti soldi (peraltro finiti: il primo trimestre 2009 segna un rosso da 4 milioni e mezzo), tale signor Maurizio Menegon ottenne dal consiglio di amministrazione del casinò di Campione 45 mila euro per procacciare clienti «di rilevante potenzialità di gioco». Doveva trascinare al tavolo dello "chemin de fer" volti noti della finanza, dell’imprenditoria e, se possibile, della diplomazia arabo-africana, cioè emiri sceicchi sultani rampolli da spennare. Peccato che agli atti del casinò non risultino documenti che comprovino, da parte del nostro, alcuna attività di promozione o intermediazione. Del caso di Menegon, e non solo, si è discusso giovedì mattina in Corte dei Conti, a Milano, nella seconda udienza dedicata ai presunti danni erariali commessi dai vertici della casa da gioco tra il 2001 e il 2003. Piatto "forte" della giornata - con rilievi mossi all’intero consiglio di amministrazione (Armando Selva, Roberto Salmoiraghi, Mario Carnini, Marco Di Tolle, Massimo Sesana, Ambrogio Sala, Dante Venco e Italo Trevisan) - sono state le spese sostenute in quel periodo per incarichi di consulenza, contratti di sponsorizzazione, pubblicità e marketing. Il danno erariale contestato dal viceprocuratore generale Massimo Chirieleison ammonta a 2.702.280, somma aritmetica di una serie di erogazioni che si ritengono assegnate in violazione della legge oltre che, in qualche caso almeno, del buon senso.