Homepage / Como città
Lunedì 11 Maggio 2009
«Aiuto gli evasori
a far sparire i soldi in Ticino»
Dagli atti dell’inchiesta sulla fuga di capitali
il racconto alla finanza di uno spallone di valuta
Alberto, 48enne dell’hinterland di Milano, è solo uno degli oltre trenta indagati della procura di Como che dal 2004 ha in corso una maxi inchiesta sulla fuga di capitali all’estero, denaro nascosto al fisco. Ma è un indagato importante, perché grazie alle sue ammissioni fatte davanti ai finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Como ha permesso di alzare il velo sulle nuove modalità utilizzate dagli evasori nostrani per far sparire i "risparmi" in Svizzera.
Dal materasso ai paradisi (fiscali) passando per Como. E, prima, per la cassaforte della casa di Alberto. Un uomo. Una banca ambulante. Ecco il suo racconto.
Professione: «In attesa di occupazione». Precedenti penali: «Nessuno». Soldi sequestrati: 487.995 euro. «Una parte (70mila euro) l’ho prelevata a Brescia presso uno studio commercialistico». Altri «100mila euro a Milano, presso una abitazione privata». Quindi «in serata, verso le 20, mi sono» trovato «a Turate dove ho ricevuto da un corriere chiamato "Il cappellone" quattro buste da consegnare ad alcuni clienti il giorno dopo». All’interno delle buste: 297.605 euro. Soldi sequestrati dalla finanza.
La tabella di marcia di Alberto, non fossero intervenuti quei guastafeste della tributaria, avrebbe dovuto essere fitta: «Alle 10 dovevo andare in una conceria in provincia di Vicenza, a consegnare le prime tre buste. Poi ad Altavilla Vicentina, per l’ultima. Quindi alle 14 di nuovo a Milano», a casa della donna del giorno prima. E poi «ad Assago» per rivedere «il Capellone che doveva darmi altri soldi da consegnare alle 17 a Torino», vicino al parco della Tesoriera. E il giorno prima del blitz delle forze dell’ordine? Altra giornata fitta di impegni: «Alle 8.30 a Milano» vicino al Policlinico, dove una 50enne doveva prelevare dal bancomat chiamato Alberto 100mila euro. «Poi sono stati a Bergamo in uno studio di commercialisti dove ho consegnato altri 100mila euro».
Una vita frenetica, quella dello spallone di valuta. E non senza pericoli, con tutti quei contati da portarsi a spasso. O da tenere a casa, in cassaforte. Dove ci sono «50mila euro da versare periodicamente, con cadenza settimanale sul conto corrente italiano» del referente della fiduciaria ticinese finita sotto inchiesta per riciclaggio, in quanto destinataria del vortice di soldi fatti fuggire dall’Italia e, soprattutto, dal fisco italiano. «La differenza» tra quei 50mila euro e il resto dei contanti che erano in cassaforte (quasi 200mila euro), Alberto l’avrebbe dovuta trattenere in attesa «di ulteriori disposizioni». Consegne. Pagamenti. Versamenti. E ancora prelievi. Un giro da un milione di euro la settimana, per un solo spallone di valuta. Mettersi a fare calcoli sull’entità del denaro fuggito dal suolo italiano e mandato in paradiso rischia di far venire il mal di testa. Il vortice coinvolge decine di persone. Centinaia di evasori. E non è un caso se la procura ci lavora da cinque anni senza, ancora, mettere la parola fine a una complicata inchiesta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA