Homepage / Cantù - Mariano
Giovedì 18 Giugno 2009
Cantù, ancora divani cinesi
in un laboratorio clandestino
Sorpresi in un capannone di via Mameli sei cinesi - due dei quali irregolari - che realizzavano alcuni componenti di salotti: già ordinata la cessazione dell'attività
Questa volta gli agenti della polizia locale, con la collaborazione del nucleo Ispettorato del lavoro dei carabinieri di Como, sono andati in via Mameli 14, a Cantù Asnago, in un capannone. Come nei precedenti casi, anche in questa occasione hanno trovato un laboratorio per la realizzazione di alcuni componenti di salotti. In particolare è stata trovata una sezione dedicata interamente alla lavorazione dei pellami e dei tessuti per il rivestimento. All’interno, oltre alle varie attrezzature e al materiale per la lavorazione, sono stati trovati anche alcuni letti: non si sa, però, se i cinesi dormissero proprio nel laboratorio clandestino di via Mameli o se le brande fossero semplicemente per riposarsi tra un’operazione e l’altra: sulla questione sono in corso ulteriori verifiche.
Sono invece sei i cittadini cinesi che ieri mattina alle 9.30 sono stati sorpresi a lavorare nel capannone: gli extracomunitari sono stati controllati da parte di vigili e carabinieri. Due di loro non sono risultati in regola con il permesso di soggiorno. Nessuno, inoltre, è invece in regola con il lavoro, in quanto - secondo le prime verifiche - non sarebbe stata autorizzata alcuna attività di fabbricazione di mobili all’interno di quel capannone. Anche per questo è stata emessa un’ordinanza di immediata cessazione dell’attività: il responsabile del laboratorio, che aveva preso in affitto il capannone, risulta essere un cinese di 57 anni formalmente residente a Cermenate, ma che con ogni probabilità viveva proprio nel "suo" laboratorio di Cantù Asnago. Inoltre carabinieri e vigili hanno potuto constatare come le condizioni igienico-sanitarie del laboratorio fossero disastrose. Una situazione simile a quella già osservata negli altri capannoni sgomberati. Una situazione che, purtroppo, si ripete.
© RIPRODUZIONE RISERVATA