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Mercoledì 15 Luglio 2009
Mantero-Tessuto, c'eravamo tanto amati
Ma la grande fusione non si fa più
Doveva essere la risposta alla crisi, invece la rottura appare definitiva
Dopo mesi di trattative, fallisce il clamoroso accordo di fusione tra Mantero e Clerici Tessuto. Una rottura che non lascia spazio a ripensamenti. Gli attori escono di scena senza motivare ufficialmente le ragioni del dietrofront, che sconfessa le plateali strette di mano.
«Per noi valgono più della firma davanti a un notaio» avevano dichiarato solo due mesi fa Alessandro Tessuto e Moritz Mantero, ricordando la grande stima e amicizia che già legava i fondatori delle due aziende comasche. Non sono bastati questi valori a far andare in porto un’operazione senza precedenti, partita con determinazione, con un progetto mirato a creare un colosso capace di affrontare i marosi della recessione. Tutto sembra sia caduto soprattutto per la questione, affatto banale, di chi dovesse timonare la nuova ammiraglia del made in Como. Quando il negoziato è entrato nel vivo del problema, Alessandro Tessuto ha capito che, pur rivestendo un ruolo importante, non sarebbe stato lui a sedere sulla "poltronissima" e capitanare la squadra. Un’impennata di orgoglio gli ha impedito di fare quel passo già compiuto da Moritz Mantero: cedere lo scettro a Massimo Brunelli, stratega in pectore già all’inizio della partita. Un cambiamento di mentalità troppo radicale per un imprenditore che ha sempre messo al primo posto la continuità di una gloriosa tradizione familiare. A questa "sofferenza" si è poi aggiunta la forte opposizione di dirigenti e dipendenti del suo gruppo. Un dissenso deflagrato all’annuncio della fusione delle aziende, che non è più rientrato. Scatenato dall’inevitabile tsunami che avrebbe investito tutti i comparti della società di Grandate, dallo stile alla rete commerciale, fino ad arrivare alla produzione. Difficile accettare una gestione manageriale per gente da anni abituata a rapportarsi con la proprietà in modo diretto e familiare. Fatta questa premessa, pare che la nuova flotta sia naufragata anche per una diversa visione strategico- aziendale. Colpa, in questo caso, di una cultura più orientata al servizio e al prodotto, perfino a discapito dei margini e del profitto, da parte della Clerici Tessuto. Non sono state quindi le peggiorate condizioni del mercato a bloccare l’integrazione di due realtà con peculiarità differenti, ben più difficili dei numeri da amalgamare. Forse, era stata data per scontata una maggior flessibilità, una volontà ancor più forte dei singoli egoismi.
Il fallimento rappresenta un’enorme sconfitta per Como e mette in luce per l’ennesima volta come la nostra industria tessile preferisca stracciarsi le vesti piuttosto che fare un salto di qualità e sposare i modelli innovativi imposti dal mercato globale.
Serena Brivio
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