Roma non paga e i debiti
e la scuola stanga le famiglie

Como: secondo gli ultimi dati dell'Ufficio scolastico regionale, aggiornati ad aprile e citati dal Sole 24 Ore, i cosiddetti «residui attivi» iscritti nei bilanci degli istituti lariani ammontano a più di 7 milioni di euro, considerando soltanto i soldi spesi (e mai rientrati) per pagare i supplenti. Bisogna poi aggiungere l'altro maxi capitolo, quello dei fondi per il funzionamento, che porta il conto da saldare a una quota complessiva vicina ai 14 milioni

COMO Ci sono scuole che attendono ancora le risorse per gli esami di Stato di nove anni fa. Ce ne sono altre (la maggioranza) costrette a pagare i supplenti utilizzando una parte del contributo chiesto alle famiglie. Tutte vantano crediti nei confronti dello Stato, con cifre che oscillano da qualche decina di migliaia di euro fino al record del «Pessina»: 600mila euro. Secondo gli ultimi dati dell'Ufficio scolastico regionale, aggiornati ad aprile e citati ieri dal Sole 24 Ore, i cosiddetti «residui attivi» iscritti nei bilanci degli istituti lariani ammontano a più di 7 milioni di euro, considerando soltanto i soldi spesi (e mai rientrati) per pagare i supplenti. Bisogna poi aggiungere l'altro maxi capitolo, quello dei fondi per il funzionamento, che porta il conto da saldare a una quota complessiva vicina ai 14 milioni.  Per le supplenze, in provincia di Como le scuole aspettano esattamente 7.165.100 euro, un dato che vale al nostro territorio la poco invidiabile quinta posizione nella classifica lombarda per entità dei crediti, alle spalle di Milano, Bergamo, Brescia e Varese. I presidi lariani, così, sono costretti ai salti mortali per riuscire a far quadrare i conti e ultimamente hanno dovuto chiedere un esborso maggiore alle famiglie, rispetto al recente passato. Le scuole, di fatto, anticipano i soldi senza sapere se i debiti verranno onorati o meno dal ministero dell'Istruzione. Non possono aspettare, pertanto pagano i supplenti, i commissari per gli esami di Stato, i progetti e le attività della «terza area» (i corsi ad hoc previsti negli istituti professionali per i ragazzi di quarta e quinta) attingendo alle poche risorse accantonate. Intanto gli anni passano e da Roma continuano a non arrivare i fondi dovuti.

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