Addio inatteso al prefetto
In pensione prima del tempo

E’ già tempo di saluti per il prefetto Sante Frantellizzi, insediato solo il quattro gennaio 2007 nel Palazzo del Governo di via Volta, con l’intenzione di rimanere a servire la città e la provincia di Como fino al 2011

COMO E’ già tempo di saluti per il prefetto Sante Frantellizzi, insediato solo il quattro gennaio 2007 nel Palazzo del Governo di via Volta, con l’intenzione di rimanere a servire la città e la provincia di Como fino al 2011. Invece, una norma dà la facoltà alle pubbliche amministrazioni di collocare a riposo i dirigenti che abbiano raggiunto i 40 anni di contributi e i 65 anni di età:il ministero dell’Interno l’ha applicata e Frantellizzi, che possiede entrambi i requisiti, lascia l’ufficio, va in pensione dal mese prossimo.
E’ già un’ondata di rammarico, sul territorio, accompagnata da un sospiro: «Quando ce n’è uno che funziona…». Ma è proprio un passo d’addio?
«È stata un’esperienza bellissima - afferma il prefetto - ho trascorso a Como quasi tre anni anni intensi e di grandi soddisfazioni, per i rapporti istituzionali e sociali intrattenuti».
Un prefetto, da queste parti, è sempre visto con riserva, poiché rappresenta lo Stato centrale:«La sinergia tra enti locali, nel reciproco rispetto delle competenze e dei ruoli ha consentito di affrontare tante problematiche e di risolverle - osserva - Gli amministratori locali mi hanno spesso chiesto incontri, si sono create relazioni, l’ascolto è stato facile». Frantellizzi non ha indugiato a recarsi anche nei piccoli paesi, a seguire le associazioni, a parlare con la gente:«Quando si riescono a vedere le cose di persona - spiega - si percepiscono meglio, si capiscono i comportamenti delle amministrazioni». Ma qualcosa s’è rotto, nella nostra società comasca e, prima ancora, nella politica. «Succede quando tutto si riduce ad una lotta tra persone, perdendo di vista l’obiettivo del miglioramento del territorio e del benessere della propria comunità – riflette - Quando comincia a mancare la capacità di ascoltare l’altro, lo si rifiuta a priori». Non è per caso in atto una guerra per bande? «Se fosse così, mi auguro che cessi: chi è chiamato a svolgere un ruolo di responsabilità, non può ignorare il bene comune - conclude Frantellizzi - Ben vengano le discussioni, poiché sono il sale della democrazia, ma le offese personali, la lotta personale, non sono lo strumento per raggiungere lo scopo per cui una persona è stata scelta. E forse, gli eletti dovrebbero ricordarsi dello scopo per il quale si sono fatti eleggere».
Ciò che si è dato ritorna, magari non sempre e magari non subito, però la scrivania del prefetto Frantellizzi è già ingombra di richieste per un saluto personale,per un ultimo incontro, per un arrivederci qui o a Milano o a Latina. Doveva essere solo un funzionario dello Stato. Frantellizzi è diventato «uno dei nostri».
Maria Castelli

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