Tradito dalla gita a Cattolica
Cronaca di un arresto annunciato

Manuel Capellato si era liberato del bancomat di Di Giacomo a Cattolica, sulla riviera Adriatica, dove era andato a trascorrere alcuni giorni di vacanza assieme a una amica

COMO - «Ancora voi?». Per Emanuel Capellato l’ansia per una possibile accusa di aver partecipato all’esecuzione del suo "amico" Antonio Di Giacomo iniziava a lasciare il posto alla rabbia, causata dall’ormai quotidiana convocazione in questura per chiarire meglio questo o quel particolare. Quando però, ieri mattina ben prima dell’alba, s’è trovato di fronte gli agenti in borghese della squadra mobile, deve aver intuito che di lì a pochi minuti sarebbe finito in una cella del Bassone con la pesantissima contestazione di omicidio volontario. L’attesa svolta nell’inchiesta per l’omicidio di Tavernerio arriva dopo l’ennesima apparizione (con conseguente audizione) del principale indiziato negli uffici della questura cittadina. Emanuel Capellato, 34 anni, residenza formale a Brunate ma una casa in pieno centro storico a Como, figlio di Nilo Capellato, noto contrabbandiere degli anni Settanta e Ottanta, da ieri è sottoposto a «fermo di indiziato di reato», in quanto a suo carico gli inquirenti (coordinati, negli ultimi due giorni, dal pubblico ministero Antonio Nalesso) ritengono di aver raccolto indizi gravi e concordanti che lo inchioderebbero all’omicidio del 46enne imprenditore di Colico.


Capellato è l’ultima persona ad aver visto vivo Antonio Di Giacomo, a parte i killer. È lui il commensale che venerdì 9 ottobre ha pranzato in una trattoria di via Carloni assieme a quello che, di lì a poche ore, sarebbe dovuto diventare - stando all’accusa - la sua vittima. Ed è l’episodio del pranzo ad aver iniziato a spostare l’interesse del capo della squadra mobile Schettino e dei suoi uomini sul 34enne con un passato di reati di "poco" conto, lontani anni luce dall’attuale pesantissima contestazione di essere un assassino. I poliziotti, scavando nei contatti telefonici avuti dalla vittima nella giornata di venerdì, si imbattono - tra gli altri - nel numero di Emanuel Capellato. E lo convocano in questura per chiedergli conto di quella telefonata. «Abbiamo pranzato assieme», si vede costretto ad ammettere agli inquirenti. Il suo ruolo nella vicenda inizia a essere più interessante, dal punto di vista investigativo, per un duplice motivo: Capellato ammette subito di essere in possesso della borsa piena di orologi del Di Giacomo, sparita assieme al portafoglio, alla carta bancomat e a una giacca, spiegando che era stato lo stesso 46enne di Colico ad affidarla a lui. Una spiegazione comunque plausibile.


Il problema è che dopo pochi giorni, negli uffici della squadra mobile comasca, arriva una telefonata dai colleghi di Rimini: «Abbiamo trovato una carta bancomat. Forse, vi può interessare». A Cattolica - nel fine settimana successivo al delitto - una volante della polizia viene fermata da un passante, che consegna agli agenti una tessera bancomat ritrovata per caso: persa o gettata via? Si tratta della tessera bancomat di Antonio Di Giacomo. Com’è finita a Cattolica? In riva all’Adriatico, poche ore dopo il ritrovamento del corpo del 46enne, si trova proprio Emanuel Capellato, accompagnato da un’amica. Alloggia in un hotel distante meno di un chilometro dal luogo di ritrovamento del bancomat. Agli inquirenti lariani avrebbe detto: me l’ha data Antonio, voleva che la clonassi. Giustificazione da un lato plausibile, visti i precedenti del Capellato, dall’altro inverosimile: chi mai vorrebbe vedersi clonata la propria tessera bancomat?


E si arriva a mercoledì. Il 34enne cresciuto a Lipomo, passato da Albavilla, residenza attuale a Brunate ma domiciliato di fatto a Como, si ritrova nuovamente seduto sulle scomode sedie al pian terreno della questura. Gli investigatori lo sommergono di quesiti, lui risponde e - in più di un’occasione - pare si contraddica. I poliziotti decidono di muoversi: gli viene perquisita la casa di via Cinque Giornate, gli vengono trovati oggetti giudicati utili all’inchiesta.
È la svolta: Capellato finisce in manette e si chiude nel suo silenzio. In attesa dell’interrogatorio di convalida fissato per domani mattina.

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