Allarme falsificazione
per il pizzo di Cantù

Prodotti realizzati a macchina e non a mano, esemplari cinesi e indiani minacciano il prezioso manufatto. Si pensa a un marchio di qualità

CANTU’ Il rischio è che quell’intreccio di fili, spacciato come canturino doc e quindi prezioso, sia in realtà una crosta di modesto valore. A Cantù, città del merletto – come qualcuno vorrebbe vedere scritto anche sui cartelli all’ingresso della città – è cominciata l’invasione del tarocco. Allo sportello dell’Accademia dei Merletti di via Ettore Brambilla, dove in tanti arrivano per farsi valutare il pizzo che hanno in casa, stanno cercando di combattere il fenomeno. Le merlettaie che eseguono la perizia su richiesta non riescono a dimenticarsi l’espressione di chi ha sborsato anche migliaia di euro per ritrovarsi, alla fine, con una fregatura tra le mani.  A gettare fango sul nobile lavoro delle artiste dei fuselli, sul mercato, ci sono sempre più merletti fatti a macchina. Prodotti in serie con lo stampino, e venduti a prezzo di artigianato. E poi i merletti cinesi o indiani. Realizzati a basso costo e fatti pagare comunque un occhio della testa. Anche questi sono spacciati per autentico prodotto locale. Flavia Tagliabue, dell’Accademia dei Merletti, ha l’occhio allenato. Da quando ha aperto lo sportello che smaschera i falsi – nel febbraio del 2006 – dice di aver analizzato qualcosa come 2mila «pezzi». «Il merletto meccanico – dice laconica – sul totale delle perizie, si è visto una volta su sette casi. E poi stanno cominciando ad arrivare anche i merletti cinesi e indiani: ai commercianti costano poco, ma vengono rivenduti come originali allo stesso prezzo di un merletto di Cantù». La soluzione per contrastare un problema sempre più crescente, a questo punto, sembrerebbe un marchio di qualità.

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