Amianto all’Olivetti
Passera tra gli indagati

L’ex ministro comasco tra le 25 persone su cui si sta indagando per le malattie che hanno colpito 21 dipendenti. De Benedetti: abbiamo adottato le misure adeguate alle conoscenze scientifiche dell’epoca

Amianto all’Olivetti. Ventuno fra morti e ammalati. Nomi eccellenti fra i circa venticinque indagati a cominciare da quello di Carlo De Benedetti, del fratello Franco e dell’ex amministratore delegato dell’azienda, l’ex ministro comasco Corrado Passera. Un’inchiesta portata avanti per diciotto mesi nel silenzio più assoluto e che deflagra proprio in vista delle battute conclusive. E una città, Ivrea, che prova dolore ma non odio nei confronti di quell’azienda che le diede fama, benessere, tutto.

Omicidio colposo e lesioni colpose sono i reati che il pm Lorenzo Boscagli ipotizza, per il momento, ai vertici, agli amministratori e ai dirigenti che si sono succeduti alla guida della casa piemontese dagli anni Settanta alla metà degli anni Novanta. Nella fabbrica creata nel 1908 da Camillo Olivetti, che produceva macchine per scrivere famose in ogni parte del mondo, che sotto Adriano Olivetti vide all’opera intellettuali e letterati, che a lungo sembrò un piccolo paradiso terrestre, i lavoratori erano alle prese con sostanze nocive e, per questo, si ammalarono: patologie con un’incubazione lunghissima, come il mesotelioma alla pleura, che hanno cominciato a falciarli, ad uno ad uno, a partire dal 2001.

Carlo De Benedetti, presidente dal 1978 al 1996, quando l’azienda virò verso l’informatica, affida la sua difesa a un comunicato del suo portavoce: l’ingegnere, «nel rispetto degli operai e delle loro famiglie, attende fiducioso l’esito delle indagini nella certezza della sua totale estraneità ai fatti contestati». «La realizzazione delle strutture oggetto di indagine - prosegue la nota - precede di diversi anni l’inizio della sua gestione alla Olivetti. Nel periodo della sua permanenza in azienda l’Olivetti ha sempre prestato attenzione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, con misure adeguate alle normative e alla conoscenze scientifiche dell’epoca».

Sull’inchiesta pesa come un macigno una sentenza della Corte d’appello di Torino. I giudici, pronunciandosi sul caso dell’ex operaia Lucia Delaurenti, scrissero - lo scorso novembre - che il male che la uccise era legato al talco respirato fra il 1972 e il 1976, e condannarono a sei mesi l’allora amministratore delegato, Ottorino Beltrame (deceduto ad agosto a 96 anni).

Secondo la Corte, l’azienda conosceva il problema ma lo affrontò con «colpevole ritardo». Ci sono parole durissime in quella sentenza: «Omissione cosciente di ogni cautela», «attività gestita nella piena illegalità», «massima incuria».

Al caso di Lucia se ne sono aggiunti altri. L’Asl 4, e la sua articolazione chiamata Spresal, hanno svolto accertamenti e tracciato statistiche sugli indici di mortalità. Il pm Boscagli ha ricostruito novant’anni di vita della fabbrica che fu di Camillo e Adriano Olivetti attingendo dall’Archivio storico, e ha disposto delle consulenze di cui attende l’esito prima di tirare le somme. «Un’inchiesta condotta con altissima professionalità - commenta uno dei legali di parte civile, Laura D’Amico - in condizioni non facili, fra carenze di organico e penuria di mezzi».

L’amianto era nei capannoni, nei controsoffitti, nelle condutture di calore, nelle centrali termiche, persino nel locale mensa. Ma si nascondeva anche in certe sostanze usate nei cicli di lavorazione come il talco e il ferobesto. Si vedrà, adesso, se ci sono delle colpe.

Eppure sono le stesse vittime a fare dei distinguo. Lo dice Enrico Scolari, avvocato di parte civile: «Fra i nostri assistiti nessuno ha mai pronunciato una sola parola negativa nei confronti della società Olivetti o della famiglia Olivetti.

E desiderano che il nome ’Olivettì non venga macchiato.

Indagini e processi riguardano le singole persone che si sono succedute con ruoli di responsabilità ed è solo a quelle che rivolgiamo l’attenzione». «Sull’onestà di coloro che hanno fatto la storia dell’azienda non nutro alcun dubbio», dichiara il sindaco, Carlo Della Pepa. Amaro il commento di Federico Bellono, segretario torinese della Fiom: «Questa vicenda, che non a caso emerge nei giorni in cui si parla di Olivetti in termini celebrativi, ci dice che non esistono fabbriche perfette. Ci riporta con i piedi per terra».

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