Borse europee, è tracollo
Milano ha chiuso a -8,24%

Le Borse europee hanno bruciato 450 miliardi di euro. E' il peggior crollo perfino dell'11 settembre 2001. Il segnale era arrivato nella notte dai mercati asiatici, tutti chiusi in pesante caduta. Poi è stata la volta dei listini europei.

I mutui subprime fanno più paura alle Borse dell'11 Settembre: sui listini del Vecchio Continente, sotto pressione per la crisi del credito e l'avanzare della recessione economica, entra in scena il 'panic selling' e l'Europa conosce così la sua peggior seduta dal 'Lunedi' Nerò del 1987. Così in un nuovo 'Lunedi' nero' l'indice Dj Stoxx 600 ha perso il 7,23%, più di quanto ceduto nelle drammatiche giornate seguite agli attentati terroristici alle Twin Towers.

L'Europa sta pagando l'approdo dello tsunami del credito nel Vecchio Continente, come testimoniano il susseguirsi di salvataggi bancari e il declino dell'euro sia verso il dollaro (la moneta unica è scesa sotto la soglia di 1,35, non accadeva dall'agosto 2007) sia verso lo yen (verso cui ha toccato i 135,7, il minimo da marzo 2006). Ma tutte le Borse mondiali sono ormai preda del panico per una crisi finanziaria ed economica che la gran parte dei banchieri, economisti e politici definisce peggiore di quella del '29.

A New York il Dow Jones e' sceso per la prima volta in quattro anni sotto i 10.000 punti. L'ondata di vendite ha imposto la sospensione delle contrattazioni a Mosca e a San Paolo mentre l'indice Msci per i Paesi emergenti ha messo a segno il più calo più pesante dell'ultimo ventennio. I rimedi messi a punto dai governi - dal piano Paulson da 850 miliardi di dollari ai salvataggi delle banche in Europa - non sono dunque bastati a ripristinare la fiducia sui mercati anche perché il Vecchio Continente, rilevano gli analisti, stenta a trovare rapidamente una risposta unitaria e si muove in ordine sparso. L'agenzia Bloomberg stima che sui listini mondiali siano andati in fumo solo 2.500 miliardi di dollari (444 miliardi di euro nel Vecchio Continente). Nel mirino degli investitori, oltre a banche e assicurazioni, i titoli minerari e petroliferi, bersagliati sulla base della convinzione che l'avanzata della recessione economica ridurrà anche la domanda mondiale di petrolio, materie prime e metalli.

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