Morto incastrato nella porta del vagone
Capotreno e macchinista sotto accusa

La Procura ha chiuso l’inchiesta sulla tragedia costata la vita a un uomo di 52 anni . La tragedia ad aprile. L’accusa contesta l’omicidio colposo: «Allarmi ignorati e nessuna verifica»

Un insieme di disattenzioni e leggerezze avrebbe causato la morte di un uomo di 52 anni, ucciso dal treno in corsa dopo essere rimasto incastrato con la caviglia tra le porte di un vagone. La Procura di Como ha chiuso l’inchiesta sul tragico incidente, avvenuto l’11 aprile scorso tra le stazioni di Albate e Cucciago, e ha formalmente contestato al capotreno e al macchinista in servizio sul convoglio il reato di omicidio colposo. Secondo il pubblico ministero titolare del fascicolo, la tragedia si sarebbe infatti potuta evitare.

A rischiare di finire davanti al giudice sono il macchinista e l’“agente di accompagnamento” del treno suburbano 25049 partito da San Giovanni alle 13.21 e diretto a Milano Porta Garibaldi.

I due dipendenti di Trenord hanno ricevuto nei giorni scorsi l’avviso di conclusione indagini da parte della Procura, di solito - ma non necessariamente - anticamera della richiesta di rinvio a giudizio. In ogni caso un atto formale che consente agli indagati venti giorni di tempo per proporre memorie difensive o farsi interrogare ed evitare così di dover rispondere davanti a un giudice dell’accusa contestata.

La tragedia, come detto, risale all’11 aprile scorso. Quando, attorno alle 14, dalla stazione di Cucciago è partito l’allarme per quello che, inizialmente, era stato indicato ai soccorritori come l’investimento di un uomo da parte del treno. La verità è emersa tragicamente all’arrivo in posto delle ambulanze, dei vigili del fuoco e di polizia e carabinieri. Infatti incastrata tra le porte di uno dei vagoni del treno, fermo in stazione, gli inquirenti hanno trovato la gamba di un uomo. Il resto del corpo è stato recuperato nel tratto tra Albate e Cucciago. Grazie alle immagini delle telecamere presenti ad Albate e a quanto emerso dalla ricostruzione compiuta anche con il contributo dei dati forniti dalla stessa Trenord, la Procura è giunta alla conclusione che Alessandro Rossi poteva salvarsi. L’uomo, alla stazione San Giovanni, era stato notato salire e scendere ripetutamente dal treno prima della partenza. Poi, all’arrivo ad Albate, deve aver deciso di scendere dal vagone all’ultimo momento proprio quando il capotreno ha attivato la chiusura porte. E, quindi, è rimasto incastrato con la gamba destra.

Secondo la Procura, però, il capotreno avrebbe dovuto verificare con maggiore scrupolo, prima di dare il «pronti», che tutti i passeggeri fossero al sicuro, mentre il macchinista non avrebbe dovuto ignorare la spia del “blocco porte” che aveva segnalato un’anomalia proprio sulla regolare chiusura dei vagoni, alla ripartenza dalla stazione di Albate.

Il perché di quell’anomalia lo si è scoperto, tragicamente, soltanto quattro chilometri dopo.

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