Biella, sigilli al forno crematorio
usato dalle imprese comasche

Con Sondrio e Varese era uno degli impianti alternativi dopo la chiusura di quello del cimitero Monumentale

Ossa frantumate a colpi di pala, ceneri umane gettate nell’immondizia, corpi estratti dalle bare e ammucchiati in scatole di cartone per poi essere bruciati a due a due.

«Lugubre catena di montaggio della morte», per dirla con il procuratore della Repubblica di Biella Teresa Angela Camelio, cui si deve l’indagine che in questi giorni ha condotto all’arresto del responsabile del forno crematorio della città piemontese e al sequestro dell’impianto, che interessa molto da vicino anche la realtà comasca.

Per quanto sia difficile svolgere una stima puntuale, sarebbero diverse le imprese funebri di casa nostra che, dopo la chiusura dell’impianto crematorio al cimitero monumentale, si servono, o si servivano, dell’impianto di Biella, uno dei più frequentati assieme a quelli di Trecate, Varese e Sondrio.

Oltre al titolare della società che gestiva l’impianto, in manette è finito anche un suo dipendente, che eseguiva ordini impartiti al solo scopo di far rendere il più possibile il forno.

In settimane di indagine i carabinieri si sono recati ogni notte, quando il crematorio chiudeva, fuori dall’impianto, raccogliendo prove e, dopo aver installato un sistema di videocamere, anche filmati, che documentano gli orrori che quotidianamente si verificavano. L’indagine ha accertato che, dopo la liberalizzazione dovuta al progetto Pegaso e il conseguente aumento, del 441%, delle cremazioni, in massima parte provenienti da fuori provincia (anche da Como), per poter soddisfare tutte le richieste gli addetti estraevano i corpi dalle bare di zinco, più lunghe a bruciare, per poi comprimerli in scatole di cartone e quindi cremarli a due, tre per volta. Le ceneri quindi venivano raccolte già mescolate, le casse toraciche e le altre ossa che ancora erano intere sminuzzate barbaramente con attrezzi di fortuna, in parte i resti venivano consegnati ai parenti, eventuali eccedenze gettate in grosse scatole e poi nell’immondizia.

Decine, secondo gli inquirenti biellesi, le salme che arrivavano quotidianamente dalla Lombardia.

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