Como, l'industria chiede
1.500 lavoratori stranieri

La consueta indagine Excelsior sul fabbisogno di manodoperata denunciat dagli imprenditori comaschi ha fatto emergere una carenza di addetti per almeno 1.500 unità: la maggior parte operai e profili professionali di basso livello specialistico

Sono 1.420 gli extracomunitari che le imprese di Como hanno garantito di assumere se sono ampliassero la quota di stranieri destinati alle impresearrivassero sul territorio. E queste sono sono le stime di assunzioni relative a quest’anno, quasi il 20% dei 6.820 posti di lavoro creati dal turn-over occupazionale. Il dato riguarda il massimo numero di posti assegnati, è relativo solo alle assunzioni non stagionali e prende in considerazione tutti i settori economici. Una percentuale oggettivamente importante, concentrata spesso nella fascia professionalmente meno specializzata dei profili occupazionali comaschi, anche se con alcune sorprese. Il numero emerge dall’annuale indagine Excelsior di UnionCamere in cui si sono riportate le esigenze occupazionali delle imprese comasche del settore industria, delle costruzioni, del commercio, del turismo e dei servizi. Un campione rappresentativo, divenuto quindi uno studio approfondito rapportato alle 4.320 imprese dell’industria, 2.221 delle costruzioni, 2.631 del commercio, 1.214 del turismo e 3.951 presenti sul territorio. La prima distinzione dei possibili assunti extracomunitari, molto indicativa, è l’inquadramento di questi lavoratori. Dei 1.420 posti assegnati, ben 1.240 sono con il ruolo di operaio o qualifiche simili, 180 gli impiegati e i quadri, nessun dirigente. Il massimo ambito occupazionale, con 480 posti, riguarda le professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi, mentre alla fine sono solo 280 le figure non qualificate recepite dal mondo del lavoro comasco, duecentosettanta invece gli operai specializzati. Molto eterogenea è la distribuzione per settori. Trenta assunzioni riguarderanno alimentari, legno, carta, accessori personali; ottanta industrie tessili e dell’abbigliamento; settanta fabbricazione di mobili; venti industrie della stampa ed editoria; trenta macchine elettriche ed elettroniche, mezzi di trasporto; quaranta fabbricazione di macchinari industriali ed elettrodomestici; ottanta industrie chimiche, plastica, lavorazione minerali, gomma, energia; ottanta produzione metalli, leghe ed elementi metallici; settanta il trattamento dei metalli e fabbricazione oggetti e minuteria in metallo; cinquanta l’edile; duecentotrenta il commercio al dettaglio, all’ingrosso e le riparazioni; trecentoventi gli alberghi i ristoranti, i servizi di ristorazione e i servizi turistici; centocinquanta i servizi alle imprese, i trasporti, il credito e le assicurazioni; centosettanta altri servizi alle persone e alle imprese. Guardando le tabelle distinte per gruppi balzano all’occhio i duecento posti in professioni non qualificate nei servizi alle persone e assimilati e i centottanta operai semiqualificati su macchine per lavorazione in serie e addetti al montaggio. In testa però a questa suddivisione ci sono i duecentoventi lavoratori nelle attività turistiche ed alberghiere. Va ricordato che in questa ricerca non sono presi in considerazione i lavori stagionali, che probabilmente avrebbero fatto lievitare il numero di occupati in alcuni di questi settori. Bisogna poi sottolineare quanto può essere ampia la nazionalità degli assunti, vanno esclusi solo i ventisette paesi membri dell’Unione Europea; anche se la maggioranza dei possibili assunti arriva presumibilmente del continente africano. Particolare il raffronto tra il comasco e il lecchese nel numero di lavoratori extracomunitari impredicati d’assunzione; nel comasco come detto si parla di 1.420 lavoratori, mentre per il lecchese ci si ferma, secondo lo studio di UnionCamere, a quasi la metà: 760. Il dato non è probabilmente molto indicativo per la diversità del tessuto produttivo delle due province, ma è comunque forte il divario tra le due aree confinanti.
Giovanni Cristiani

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