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Venerdì 16 Maggio 2008
Como, un po' meno ricchi
e più lavoro precario
Presentato il rapporto sulla situazione dell'economia comasca: la ricchezza pro-capite "sale" a 25,6mila euro ma i comaschi sono ultimi in Lombardia. Bene l'occupazione ma sei ciontratti di lavoro su dieci ormai sono a temnpo determinato
Como - Seppure in crescita, la ricchezza pro capite (il Pil) dell aprovincia di Como, sale ma molto meno del resto della Regione, tanto da restare ultima nel confronto con tutte le altre provincie lombarde. Nonostante un +3,3% del 2007, il Pil pro capite non va oltre i 25.913 euro, un dato in linea con la media in Italia (a 25.862 euro), ma decisamente inferiore alla ricchezza della Lombardia, che sale fino a 33.440 euro. «Un dato - afferma il presidente della Camera di commercio di Como, Paolo de Santis - che indica inequivocabilmente che, al di là della sensazione di benessere diffuso che c’è nella nostra provincia, i dati statistici rivelano invece un quadro diverso». Nella graduatoria dello Stivale, Como e il Lario si posizionano non prima del 49° posto (la stima è dell’Istituto Tagliacarne). Nonostante un leggero rialzo, pari allo 0,1% rispetto al 2006, il tasso di disoccupazione della provincia di Como si è attestato attorno al 3,9%, «un valore rassicurante», che peraltro è accompagnato da una certa vitalità nel comparto dell’avviamento al lavoro. Nel 2007, infatti, le persone che hanno trovato un posto di lavoro sono state 59.690, con una crescita rispetto al 2006 del 44% e la stipula di ben 77.600 nuovi contratti di lavoro. La tipologia contrattuale, però, fa emregere che sei su dieci sono rapporti di lavoro a tempo determinato, un lavoro precario, e solo nel 25% dei casi riguarda rapporti a tempo indeterminato. Un altro 5% si divide tra apprendistato e lavori a progetto. Il 22% dei nuovi contratti inoltre è stipulato nei settori delle attività immobiliari, dell’informatica e del noleggio, il 17% nei servizi pubblici, sociali e personali, il 12% in alberghi e ristoranti, il 7% nel commercio al dettaglio e nell’istruzione, il 6% nel comparto delle costruzioni. Tessile, abbigliamento e metallurgia coprono, invece, il 3% dei contratti a testa. Comaschi anche un po’ più «risparmiosi», con quasi 8 miliardi di euro in depositi sui conti correnti (+6,8% rispetto al 2006) e 8 sportelli bancari in più, 360 in totale, dell’anno precedente. L’economia comasca ha prodotto nel 2006 (ultimo dato ufficiale a disposizione) un valore aggiunto di 12.999 milioni di euro, di cui il 63,7% è prodotto dai servizi, il 29,1% dall’industria, il 6,5% dalle costruzioni e lo 0,7%, «in diminuzione», dall’agricoltura. In questo quadro, qualche notizia positiva è emersa dalla «Sesta Giornata dell’Economia» celebrata ieri a Villa del Grumello. La produzione industriale, nel 2007, ha fatto segnare una crescita dell’1,4%, con un lieve decremento rispetto al 2006 - quando si è assestata al 2,15% - che comunque va accolta positivamente dopo alcuni anni, il 2004 e il 2005, di flessione. «C’è un recupero di capacità - spiega De Santis - nel manifatturiero, nel tessile, nel legno-mobile e nel meccanico. Si tratta, comunque, di una crescita modesta rispetto alle altre province lombarde». Como, infatti, si posiziona al penultimo posto tra le 12 province, davanti soltanto a Sondrio, fanalino di cosa. A tirare il gruppo sono Mantova (+3,1%), Brescia e Lecco, mentre comunque la media lombarda è superiore al dato comasco, attestandosi al 2,2% annuo. Cresce anche l’artigianato che, dopo un triennio di autentico indietreggiamento, ha saputo superare il +1,4% del 2006, salendo fino all’1,67%: un parametro incoraggiante, se è vero che, a livello lombardo, solo Lecco è cresciuto maggiormente (+2,24%), mentre ben tre province, Varese, Mantova e Lodi, sono entrate nell’area della negatività. Poca la propensione alla ricerca: il numero pro capite di nuovi brevetti depositati nel 2006 per milione di abitanti è stato pari a 74,6, indicatore certo superiore alla media italiana (68,9), ma lontano da quella lombarda, che è di 153,2. Non a caso, per De Santis, «la ricerca di nuove frontiere è ancora insufficiente rispetto agli obiettivi che ci prefiggiamo». Il comparto edile «non ha sofferto della flessione ipotizzata, con una crescita delle ditte, sia delle ore lavorate» a dimostrazione di un campo tuttora vivace, mentre il turismo è in costante ascesa.
Alberto Gaffuri
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