Fugge di casa con i figli e va in Francia
Poi denuncia: sono stati abusati dal papà

Comasco torna a casa e non trova più la famiglia. Dopo giorni scopre le accuse

L’ultimo martedì di luglio di quest’anno, non se lo scorderà mai. È il giorno in cui, aprendo la porta di casa, ha trovato le stanze deserte, le foto della famiglia levate da comodini e pareti e in cucina un biglietto scritto a mano: “Ciao, ho bisogno di una pausa. Non chiamarmi. Mi dispiace”.

Sono tre mesi che un quarantenne comasco (il nome, così come altri dettagli, dobbiamo ometterlo per tutelare i figli, entrambe minorenni) non vede più la compagna, con la quale viveva da dieci anni, e i propri bambini.

La donna, come un fulmine a ciel sereno, ha infatti deciso di fuggire di casa approfittando del fatto che i figli si trovavano in vacanza in Francia, a casa della nonna materna. Ora, su questa vicenda, sono aperte almeno tre distinte inchieste penali (una in Francia e due a Como) nonché un paio di fascicoli davanti al Tribunale della famiglia sia francese che italiano. E mentre i giudici a Como tardano a decidere, in Francia la scorsa settimana è arrivato un primo pronunciamento che suona come un atto di accusa nei confronti della donna fuggita di casa: ha mosso denunce non verificate e portato via, senza giustificazioni, i bimbi al padre.

Dalle grigliate alla fuga

Ma andiamo con ordine. Luglio, a dispetto del maltempo che ha martoriato Como, è un mese di grigliate con gli amici, per la coppia: lui comasco, dipendente di una società di trasporti, lei francese, con una buona occupazione a Milano. I bambini sono in ferie in Francia, sulla costa atlantica. La coppia (convivono da circa 10 anni, pur non essendo sposati) organizza cene con amici, uscite, serate tranquille il tutto senza mai un segnale d’allarme. Addirittura il giorno della grande fuga lei scriverà: “Amo, ci vediamo stasera”.

Ma il 27 luglio a casa non c’è nessuno. Anzi: non ci sono più neppure le foto incorniciate che ritraggono la famiglia, i disegni dei bimbi, i vestiti di lei. Solo quel biglietto di poche righe. L’uomo decide di rivolgersi allora a un legale - è assistito dall’avvocatessa comasca Francesca Binaghi - che nei giorni successivi da un lato invia una mail in cui intima alla donna di rientrare, dall’altro attiva presso il ministero la Convenzione dell’Aja per sottrazione di minori. Ad agosto la doccia fredda: si scopre che la donna ha formalizzato due distinte denunce, presso la Gendarmerie francese, in cui accusa il marito di violenza sessuale sui figli. La prima denuncia, fatta alla caserma di Monginevro, risale addirittura a 2 settimane prima della fuga.

Nel frattempo formalizza anche una istanza, presso il Tribunale francese dove si trovano ora i bimbi, per chiedere una misura di divieto di avvicinamento del compagno e di affidamento esclusivo dei figli. La giustizia francese si muove velocemente e il 19 ottobre convoca i genitori per un’udienza sulle istanze presentate dalla donna. Il padre percorre mille chilometri per essere presente: quel giorno sarà anche prelevato dalla Gendarmerie, trattenuto e interrogato per ore, poi rilasciato senza alcuna altra conseguenza.

I giudici francesi: accuse infondate

Pochi giorni, ed ecco la decisione dei giudici francesi. Che respingono tutte le richieste della donna. Anzi, vanno oltre: i magistrati sollevano dubbi sulla veridicità delle accuse, contestano che i disegni consegnati dalla madre - nei quali i bambini avrebbero evidenziato le presunte molestie subite dal padre - in realtà conterrebbero una mano adulta (come dire: sarebbero stati ritoccati ad arte), sottolineano come secondo tutte le testimonianze i bimbi erano felici in famiglia e, anzi, stigmatizzano la decisione della madre di strapparli dalla loro casa, dagli amici, dalla scuola.

Nonostante questa decisione, il padre da oltre tre mesi non può vedere i figli. A questo punto servirebbe un pronunciamento da parte del Tribunale di Como, che secondo gli stessi giudici francesi è competente per decidere sull’affidamento delle bambine. Ma ad oggi nessuna decisione è stata presa e il timore è che la recente udienza - solo documentale - che si è tenuta la scorsa settimana non sfocerà in alcun pronunciamento. Allungando il calvario. Ma l’uomo, tramite l’avvocato, assicura: «Non ci arrenderemo».

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