La pochette fa orrore
E' solo un fazzolettino

Rigorosamente orlato a mano, in lino o batista bianca, stirato in modo impercettibile: tornano i gentiluomini. O almeno gli ultimi dell'era del fazzolettino nel taschino

Guai a chiamarla pochette, termine che fa inorridire gli ultimi gentiluomini. Una volta erano solo loro a sfoggiare il fazzoletto da taschino: di lino o batista bianca, rigorosamente orlato a mano e stirato in modo impercettibile, come se non fosse stato toccato dal ferro. Di prima mattina abbinato allo spezzato, di sera o negli eventi ufficiali all’abito scuro. Che offesa per i loro occhi vedere questo asterisco d’eleganza “martirizzato” da rampanti del gusto, trasformato addirittura in accessorio di battaglia politica. Ormai non c’è occasione in cui non faccia la sua comparsa, vezzo prepotentemente di moda tra i personaggi più in vista dell’industria e della finanza. Qualche nome: Luca Cordero di Montezemolo, neo ambasciatore del “Made in Italy” e Diego Della Valle. Il primo lo fa sbucare dall’inseparabile gessato, lineare o a triangolo, giusto un dito di immacolato nitore. Più stile Gianni Agnelli, che Lapo Elkann. Il patron di Tod’s preferisce invece le tre punte, da vero snob. Forse si è ispirato a icone del passato come Cary Grant o l’armatore Aristotele Onassis, maestri nel modellarlo in questo modo. Basta, poi, accendere la televisione per rendersi conto di quanto il fazzoletto sia popolare tra anchorman e showman, di professione o… per caso. Due esempi di stile? Francesco Giorgino, volto noto del Tg, e Pippo Baudo. Modello, invece, da evitare? Roberto Mercandalli, il “cumenda” del Grande Fratello, diventato una macchietta per il guanto nel taschino della giacca, a suo dire “ stile San Babila anni Settanta” ( révival da dimenticare come gli anni di piombo). Ai neofiti un ultimo consiglio: mai esporre “pochette” dello stesso disegno e colore della cravatta, notoriamente poco chic. Serena Brivio

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Eco di Bergamo Il fazzolettino