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Mercoledì 11 Giugno 2008
Lavoro, accordo in Europa
per la settimana di 65 ore
Trovato un compromesso in Europa per una sderoga all'orario tradizionale di lavoro di 48 ore la settimana. In base all'intesa - con il via libera anche dell'Italia, si potrà lavorare fino a 60 ore con un tetto massimo di 65 ore la settimana. Il no dei sindacati
Un faticoso compromesso tra i 27 Paesi dell'Unione europea ha permesso di dare il via libera a Lussemburgo alla direttiva sull'orario di lavoro, dopo anni di tentativi falliti. Ora la battaglia, tuttavia, sembra spostarsi al Parlamento europeo, dopo le critiche già avanzate dai sindacati che hanno giudicato la norma "inaccettabile", e le riserve dei partiti della sinistra. L'intesa lascia il limite massimo di lavoro settimanale a 48 ore a meno che lo stesso lavoratore scelga altrimenti (opt out). In questo caso, comunque, la durata massima del lavoro settimanale potrà raggiungere le 60 o al massimo 65 ore, se il periodo inattivo dei turni di guardia viene considerato orario di lavoro. Le norme sono applicabili a quei contratti che superano le dieci settimane. I ministri si sono trovati d'accordo anche sulla normativa per le agenzie di lavoro temporaneo, stabilendo, tra l'altro, parità di trattamento per retribuzione, congedo e maternità. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha "salutato con favore" il compromesso raggiunto a Bruxelles. E ha sottolineato che le proposte di direttiva "rappresentano un modesto ma importante passo avanti nella costruzione di uno spazio sociale europeo che valorizzi le specificità di ogni Paese, eviti la perdita di molti posti di lavoro, garantisca maggiori sicurezze per i lavoratori". Anche se non è perfetta, la nuova normativa comunitaria contribuisce comunque a "tutelare il mercato del lavoro italiano dalla concorrenza in ambito europeo e così tutela anche le nostre imprese", ha detto Francesca Martini, sottosegretario al Lavoro, salute e politiche sociali, commentando l'approvazione del testo legislativo. I ministri del Lavoro hanno approvato la direttiva lunedì notte al termine di un duro negoziato, in cui l'Italia, ha raccontato Martini, "ha espresso criticità", ma ha voluto comunque lavorare per il compromesso: "abbiamo lanciato un'ancora a quei Paesi che sono più indietro, per evitare che non esista alcuna limitazione all'orario di lavoro". E non avere regole, ha spiegato il sottosegretario, implica esporre i lavoratori e le imprese italiane a una maggiore concorrenza intra-Ue. "L'Italia ha una normativa molto più avanzata, ma abbiamo dato il nostro appoggio per trovare un terreno comune di dialogo per progredire". I punti da migliorare, ad avviso di Martini, sono quelli dei massimali (60-65 ore settimanali nel testo della direttiva), considerati "squilibrati", pericolosi per la "sicurezza sul lavoro" e contrari ad una "buona interrelazione tra vita privata e professionale". L'Italia, ha osservato Martini, si batterà anche per "vincolare le eccezioni ai massimali alla contrattazione collettiva", un punto che trova la decisa opposizione del Regno Unito. Al momento del voto in Consiglio, cinque ministri - quelli di Spagna, Belgio, Grecia, Ungheria e Cipro - si sono astenuti. Soddisfazione invece è stata espressa dalla Commissione europea. "Abbiamo creato maggiore sicurezza e migliori condizioni per i lavoratori, pur mantenendo la flessibilità di cui l'industria ha bisogno", ha detto il commissario Ue agli Affari sociali Vladimir Spidla.
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