L'elicottero precipitato a Carlazzo
Salta il processo: mancano i giudici

Il magistrato sospira: «Speriamo di potere iniziare il processo nel 2009»

Scuote la testa, Francesco Angiolini. E, ancor più del giudice scuotono, la testa i parenti delle sei persone morte nella tragedia di Carlazzo, dove due anni e mezzo fa un elicottero precipitò dopo aver urtato il cavo di una teleferica in disuso da anni. La prima udienza di un lungo processo per accertare le eventuali responsabilità di quel disastro, avrebbe dovuto iniziare ieri. Non fosse per una virtuale bandiera bianca sventolata in aula dal presidente del collegio: «Siamo costretti a rinviare il processo a nuovo ruolo a causa della carenza di giudici». Tradotto: la verità può attendere. E il magistrato, a margine dell’ufficialità, sospira: «Speriamo di potere iniziare il processo nel 2009». L’odissea nella giustizia lariana ha lo sguardo smarrito di figli, mariti e mogli delle sei vittime che si godevano un volo in elicottero fino a quando, senza neppure rendersene conto, sono stati straziati nell’esplosione del velivolo.
Ieri mattina era fissata la prima udienza del processo a carico di Giovanni Pirovano e Bruno Ortalli, titolari dei terreni a valle della teleferica contro la quale si è scontrato l’elicottero, e don Marco Riva, parroco di San Pietro Sovera, proprietario del terreno a monte, alle pendici del Galbiga. Tutti in aula accusati di «cooperazione colposa» in disastro aviatorio e omicidio colposo plurimo per la morte del pilota Alberto Vitali e dei passeggeri Pietro Carminati, Pietro Castelli, Elena Panatti, Luigi Fossati e Teresa Di Vara. Un processo tecnicamente complesso, con numerosi testimoni, consulenti, periti.

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