Mini frazione: erano in 200
sono rimasti in undici

Erbonne è il paese dove gli abitanti si contano sulle dita di due mani. In due anni i quindici abitanti si sono ridotti di un terzo

SAN FEDELE INTELVI Sono rimasti in dieci, quasi tutti pensionati, esattamente quanto le dita delle mani gli abitanti del borgo preistorico di Erbonne, un tempo appartenente alla confederazione elvetica a dalla fine del Settecento passato sotto la giurisdizione municipale di San Fedele. Un numero sempre più esiguo dopo la scomparsa di cinque anziani tra cui Nicolina Farina vera e propria anima del villaggio. Fino agli inizi degli anni '50 tra le vecchie case in sasso e nelle dimore rurali vivevano oltre duecento residenti, famiglie numerose con tanti bambini che frequentavano regolarmente la scuola, mentre i genitori erano dediti alla pastorizia ed all'agricoltura o al lavoro in Svizzera, avendo la stragrande maggioranza conservato la cittadinanza elvetica. Due soli i cognomi che si leggono sull'uscio di casa: Cereghetti, o Puricelli quest'ultimi, interi nuclei familiari, arrivati all'inizio del secolo dalla Tremezzina ed impiantati stabilmente ad Erbonne. Oggi di quei discendenti  è rimasto Angelo Cereghetti, considerato da tutti il vero e proprio «Borgomastro» del villaggio, Maria Cereghetti e la figlia Marisa, zio Riccardo Cereghetti, Felicina Cereghetti e la figlia, Domenico Puricelli il «Ross», il Franco Cereghetti, Alba Cereghetti, Livio Cereghetti, Marinella Cereghetti, la più giovane che lavora al di là del confine. Un nucleo esiguo, ma unito che si considera una sola famiglia come se condividessero gli stessi muri di casa. La storia italiana di questo fazzoletto di terra inizia verso la fine del settecento.
Nel 1876 gli abitanti di Erbonne uniti vinsero una causa intentata contro il comune di San Fedele che pretendeva di imporre loro una tassa sul pascolo del bestiame. Soccombente di fronte alla legge, il municipio di San Fedele fu costretto a considerare mucche e capre e i loro proprietari «forastieri» e quindi non tassabili. In quel  tempo non c'era una strada agevole che collegava l'Alpe di Erbonne con il resto della Valle d'Intelvi. Per lo più si arriva a dorso di mulo. Non c'era il prete, la chiesa, la scuola ed il medico. I nati ed i morti venivano registrati  presso la parrocchia svizzera di Scudellate ora collegata ad Erbonne da un comodo sentiero e dal caratteristico ponte di legno realizzato recentemente dalla comunità montana Lario Intelvese e dalla regione Ticinese  Valle di Muggio. I morti erano portati a spalle lungo questo sentiero e seppelliti nel cimitero di Scudellate. Negli anni Venti vennero poi edificate la chiesa, aperta la scuola, costruito il cimitero, e l'Osteria del Valico, frequentata soprattutto nel periodo estivo da turisti ed escursionisti.  Tappa obbligata per chi arriva in Valle, Erbonne è considerato un luogo di incantevole bellezza per la sua ambientazione naturale.
Francesco Aita

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