Homepage
Domenica 18 Gennaio 2009
<Noi siamo ottimisti>: parla il vescovo
Coletti: <Fiducia, ma anche essere cauti>
Da due anni a Como, commenta pregi e difetti della città
Anche se, come leggeremo, egli per primo rifugge l’immagine vacua del gaudente senza ragione e assieme alle cose buone non scorda di elencare le preoccupazioni del pastore per il gregge in cui vive e che gli è al contempo affidato.
- Monsignor Coletti, vederla spesso sorridere rassicura.
<Sì, ma vorrei che la mia immagine sorridente fosse interpretata al di là dell’alternativa ottimismo-pessimismo. Sono idee troppo rigide. La mia è una fiducia condizionata>.
- In che senso, scusi?
<Dobbiamo certamente pensare che il bene può vincere sul male, sulle difficoltà, ma questo non è automatico, non viene da sé>.
- Ma allora è pessimista.
<No, sono cauto. Poiché per me il futuro rimane il luogo delle opportunità e non delle preoccupazioni, ma bisogna essere rigorosi nello scegliere il bene: questa è la condizione che affianca la fiducia. In questo senso, sono fiducioso più per formazione che per natura>.
Ormai è vescovo di Como da due anni. Quali "cose buone" ha notato?
<Da quando sono arrivato ne ho viste molte. A cominciare da una serietà e da una laboriosità di fondo, che si toccano con mano. In generale, possiamo dire che il comasco non ha grandi fantasie o slanci di genio, quanto piuttosto una fedeltà legata al quotidiano, alla serenità e alla tranquillità di fondo, che viene anche dall’ambiente incantevole in cui abitiamo>.
- Ci pare di intuire l’ombra di un "però"...
<In effetti c’è. Però intravedo qualche limite. Sarebbe infatti auspicabile una maggiore vivacità intellettuale, fatta di dialogo, di dibattito, di confronto tra culture. Questa bontà, questa sanità di fondo della società comasca, potrebbe infatti scontare una chiusura con chi è diverso da noi. Finora non accade, ma la situazione è calma e il passaggio dalla calma al sonno è breve>.
© RIPRODUZIONE RISERVATA