Quel Venerdì santo quando
rintoccò la campana dell’aldilà

Lenno, sulla riva del lago un suono ovattato dall’acqua. Per gli anziani del posto è la voce di chi non c’è più, ma la "spedizione" di Van De Sfroos non l'ha mai ritrovata

LENNO - Un Venerdì santo di molti anni fa, sul lago. Le acque del Golfo di Venere erano blu, come quel cielo d’aprile: c’è una stagione in cui i colori non si mescolano, il Sommo pittore non ha ancora messo mano alla tavolozza, sta solo preparando i pennelli.
C’era un filo di vento, appena appena o forse era un respiro universale d’anima, come se la natura si stesse preparando all’ora della Croce, all’ora di quel Cristo che rese lo spirito, duemila anni prima. Le due e mezza del pomeriggio. Poi, le due e tre quarti. Le due e cinquantotto. Le tre. Un suono di campana. Non è possibile che suoni così una campana, alle tre del pomeriggio di un Venerdì santo; le campane sono legate dal Giovedì santo, si scioglieranno la notte di Pasqua, al massimo segnano l’«Agonia», come si diceva un tempo.
In nessuna parte in questa terra che fa memoria della Croce può suonare in questo modo una campana; e non sta rintoccando a morto, sta suonando. Sta suonando ovattata, come una voce che viene dal cuore dell’acqua, come se fosse il respiro d’anima di tutti quelli che erano carne e adesso sono spirito, delle madri che aspettano chi non nasce e chi non torna, degli uomini partiti sulle barche, dei bambini che sognano e dei vecchi che chiudono gli occhi. Un brivido: non è vero, questo suono. È solo una suggestione: il sole può dare alla testa in un giorno di primavera dopo tanto inverno.
«È la campana del villaggio sommerso»: è reale la voce di tre anziani che stavano a riva e si sono fermati. Non hanno bevuto, assicurano, non trema la mano che indica il dosso di Lavedo. Era un’isola abitata, raccontano, più grande dell’Isola Comacina, più bella di qualsiasi altra cosa bella. Ma va’, l’avete vista, voi? Non c’è bisogno di vedere per credere, si sa che è sprofondata e lo dicono da sempre. Ma nessuno ha mai studiato la cosa, nessuno è mai sceso per cercare quel villaggio sommerso; siamo andati sulla luna e non abbiamo mai accertato se c’è una Lenno sott’acqua.
E così ogni Venerdì santo la campana suonerebbe? Non suonerebbe. Suona, rettificano. E magari l’oracolo di Delfi che è da queste parti si mette a parlare; e magari appare il fantasma di Mattia Del Riccio che si appostò dietro il dosso di Lavedo nell’aspra lotta contro i soldati dell’Imperatore.. No, nessun oracolo pagano, nessuna spada. Non sarà il Perlana che porta giù la voce dei monti, risuona dei canti dei monaci del San Benedetto? No, è la campana del lago. Sarà una campana in giro, un rintocco portato dal vento e adesso, scusate, grazie delle informazioni, ma c’è altro da fare.
Passarono molti anni e un giorno la «Compagnia della Campana», capitanata da Davide Van De Sfroos, decise di immergersi e di cercare il villaggio. Andarono giù e trovarono un sasso, forse un sedile di granito, incrostato di cozze, ripreso dalla Tv. Poi non si seppe più nulla. La spiegazione dei razionalisti afferma che sono state le onde del lago a far qualche scherzo e in questo secolo di progressi scientifici e tecnologici le leggende fanno solo ridere. E se, invece, fosse tutto vero?
Post Scriptum: Questo non è un esercizio letterario. La campana l’ho sentita davvero, così come l’ho descritta. Neppure io ci ho creduto, allora. Adesso, su questo Golgota, sì.
Maria Castelli

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