Quel volo da fare
verso il destino

C’è un volo da fare». Una frase breve, secca, quasi imperativa. Non un comando, ma un invito senza quasi possibilità di diniego, un’esca, sottile e rapida, che arriva al cuore ancor prima che al cervello di chi, come Pietro Brenna, brucia di una passione divorante, totale.

Levarsi in cielo con un idrovolante, pochi attimi e sei libero, evaso dal mondo normale, terrestre, pesante di caldo e rumore, traffico e chiacchiere infinite. Se è da fare, si fa. La nostra è una terra che genera figli di poche parole e rapidità di decisioni, due secondi e sei seduto in cabina, pronto al
decollo, non c’è niente di meglio per incominciare la giornata. Un pilota è pilota per sempre, un po’ come un carabiniere o un barbiere: se serve, a disposizione.

Como e gli idrovolanti: come parlare di Modena e della Ferrari, di Siena e del Palio. Anche i “missoltitt” passano in secondo piano. Il lago è lì, non basta vederlo da una barca, nuotando o costeggiandolo in macchina, va osservato dal cielo, in tutta la sua meraviglia, e allora quelli come Pietro ci godono davvero, perché uniscono l’ansia di libertà con l’orgoglio di chi ha negli occhi da quando è nato due sfumature d’azzurro.

Il Cessna 172 non aspettava lui ieri mattina, era il regalo di compleanno che i figli volevano fare a Francesco Gianola e Adele Croci. Un omaggio insolito, una puntata su Premana e Abbadia Lariana, cose normali chieste a un pilota esperto che può soddisfare le curiosità di chi sta di solito con i piedi per terra.

L’idrovolante ha più fascino di un normale velivolo, ricorda tempi passati, addirittura eroici, con le trasvolate oceaniche di Balbo e gli italiani incollati alla radio per conoscere i particolari tappa per tappa. È metà barca e metà aereo, un essere quasi mitologico, che cavalca aria e acqua e accende la fantasia, spinge alla voglia di record, come quelli dei gloriosi Macchi Castoldi che sfidarono gli assi inglesi nella leggendaria Coppa Schneider.

«C’è un volo da fare», e sembra di rileggere le pagine di “Signorsì”, il primo romanzo di Liala, in cui il pilota Furio di Villafranca ha la stessa febbre di Pietro, sale e scende di quota con la stessa grazia di un ballerino, diverte se stesso e chi lo osserva, si spinge sempre un poco oltre, ma senza perdere la misura.

Anche Andrea Vitali ci è cascato e ha inventato una storia di idrovolanti, addirittura una linea di collegamento via lago tra Como Bellano e Lugano, proprio negli anni ’30, quando la sua “Figlia del Podestà” vedeva nascere l’Aero Club di Como, più solido di qualsiasi governo, la seconda casa di Pietro Brenna.

Il volo si fa, la mattina è bollente, c’è il caldo africano che spinge i nibbi a roteare sul lago sfruttando le termiche come fanno gli alianti, Pietro è felice di rendersi utile e assecondare i desideri di due anziani che si vogliono bene e magari la sera racconteranno il “raid” ai nipotini.

Non avrebbe dovuto pilotare lui, stava provando la vecchia jeep militare di suo padre, ma le ruote vanno da sole verso l’Aero Club, perché chi ama lo fa con forza e in ogni momento della giornata, la passione non concede sconti o battiti a vuoto, ti arruola, come un soldato.

«Vado io», Pietro è già ai comandi è già in volo, inutile pensare a un’alternativa, lui è un pilota tra i migliori. Questa volta l’azzurro del lago ha vinto su quello del cielo, perché al destino non piace chi alimenta la vita con una passione senza confini.

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