Scuola, a bidelli e impiegati
lo Stato richiede lo stipendio

Oltre 600 lavoratori pubblici sono chiamati a restituire una parte della propria retribuzione incassata dal 2005 ad oggi in quanto "non dovuta" nonostante il cambio di inquadramento contrattuale. E le cifre da restituire sono salatissime: almeno da 18mila euro in su.

Como - Sono oltre 600 solo a Como, oltre 80mila in tutta Italia. E sono pronti alla rivolta. Si trovano a dover restituire migliaia di euro perché hanno chiesto di guadagnare quanto i colleghi statali. E l’equiparazione fra stipendi e qualifica oggi è stata cancellata, così sono costretti a restituire quanto ricevuto in busta paga negli ultimi anni. Sono i bidelli, gli impiegati, gli assistenti delle scuole comasche e non solo. Dopo una lunga diatriba con lo Stato ora devono ridare parte di quanto guadagnato negli ultimi nove anni. Per alcuni si parla di quasi ventimila euro. Una bella cifra per persone che spesso non raggiungono i mille euro di stipendio. Sono molte, un centinaio, le scuole e le direzioni didattiche in questa situazione e dovrebbero essere più di cinquecento i dipendenti, tutti divenuti statali sul finire degli anni novanta. I numeri non sono chiari, tanto che proprio il ministero dell’Istruzione chiede alle scuole di fornirgli i nominativi di chi deve restituire. «A noi sembra una situazione assurda, la nostra unica colpa è stata quella di chiedere di essere equiparati come trattamento economico a dei colleghi con le medesime mansioni e la stessa anzianità - spiega Giuseppe Giorgi assistente dell’Istituto tecnico Romagnosi di Erba -. Ci sembrava un atto dovuto, dopo che nel 1999 il personale delle scuole è divenuto per la sua totalità statale. Non era logico prendere meno dei colleghi già allora statali e abbiamo chiesto un adeguamento. Noi eravamo, per esempio, dipendenti della provincia e abbiamo cambiato datore di lavoro. Non è stata una scelta ma in realtà allora eravamo abbastanza contenti del cambio». Per ottenere un trattamento identico agli statali le maestranze delle scuole si sono rivolte al giudice del lavoro di Como: «Ci ha dato ragione e così abbiamo ottenuto uno stipendio uguale a quello dei colleghi, alcune centinaia di euro sopra i mille. Tutto bene fino al 2005 quando con la Finanziaria il governo decide di riassegnarci lo stipendio precedente il 1999, sotto i mille euro. Non solo, ci chiede anche di restituire quanto percepito in questi anni. Io devo restituire 18 mila euro, e chi deve ridare questi soldi di certo non vive nel lusso. In più chi ha maturato la pensione con uno stipendio più alto si trova magari dopo nove anni di lavoro ad avere zero anni di anzianità riconosciuta. Capita, per esempio, ad una mia collega, Tania Testa, per 8 anni e 9 mesi ha lavorato con me e con la variazione si trova con un’anzianità riconosciuta nel 2000 di zero anni. In molti ci troveremo a prendere la minima raggiunta l’età della pensione». Giorgi si chiede la logica di questa situazione: «Io svolgo lo stesso lavoro di assistente tecnico di un collega da sempre statale, perché devo percepire trecento - quattrocento euro meno di lui? Perché io devo andare in pensione con la minima e lui no?». Ultima novità della querelle una lettera del ministero per la messa in mora del personale del 22 maggio: «In questo modo penso ci decurteranno il dovuto dallo stipendio, e noi non potremo dire nulla. Abbiamo scritto a Tremonti, speriamo in un suo intervento». Quante persone sono nella vostra situazione nel comasco? «Ad Erba quattordici persone tra l’istituto tecnico Romagnosi e il liceo Galileo Galilei. All’Istituto Fermi di Cantù sono in sette, in undici al Giovio di Como e al Liceo Terragni di Olgiate. In pratica è coinvolto parte del personale di elementari, istituti tecnici e licei. Restano escluse le scuole medie e gli istituti professionali. Il numero complessivo è difficile saperlo, non ne ha idea neppure il ministero. Si può presumere siano più di un centinaio di scuole, e almeno cinque dipendenti per ogni struttura». Giorgi non risparmia critiche anche alla gestione delle scuole in questi anni: «Nel 1999 alla Romagnosi c’erano 800 studenti con 16 persone ad occuparsene tra bidelli e impiegati. Oggi il numero degli studenti è raddoppiato, il personale è quadruplicato. Con il passaggio allo stato si è registrato un boom di assunzioni, forse per risparmiare, se è questo l’obbiettivo, bastava non assumere tutta questa gente».
Giovanni Cristiani

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