Virologi in televisione
Il demone della vanità

Non c’è niente da fare. L’Italia non riesce, ma proprio non riesce, a reggere la dimensione tragica sul lungo periodo. Qualsiasi evento, anche il più terribile, anche il più sanguinoso, anche il più traumatizzante, a un certo punto inizia a trascolorare inesorabilmente nel grottesco. Sarà per il sole, sarà per la pizza, sarà per il baffo nero e il mandolino, sarà perché siamo fatti così, ma a un certo punto tutto diventa farsa, balera, avanspettacolo. Ce lo meritiamo Alberto Sordi.

L’ultima riprova di un modo di essere davvero inestirpabile l’ha concessa il noto statista Giorgio Trizzino, deputato ex grillino, ora nel gruppo misto, che nei giorni scorsi ha vergato un ordine del giorno votato alla Camera nel quale si chiede che tutti i virologi, infettivologi, epidemiologi e compagnia cantante dell’emergenza Covid possano intervenire alle trasmissioni televisive e radiofoniche previa autorizzazione della propria struttura di appartenenza. Insomma, prima di parlare, devono avere il permesso.

Ora, in un paese serio - come ad esempio il Congo Belga, la Transnistria e la Abkhazia - dove sono ben chiare le divisioni dei poteri, il principio di autodeterminazione individuale e la supremazia assoluta dell’informazione libera e liberale, l’iniziativa dello stravagante esponente dell’ormai mitologico “uno vale uno” sarebbe stata sommersa da una risata omerica e il deputato di cui sopra scaraventato fuori dal Parlamento a pedate nel sedere e inseguito da una salva di torsoli di mela, limoni marci e smozzichi di focaccia rancida. E invece, clamorosamente, il governo dei migliori, tramite il sottosegretario alla presidenza del consiglio Deborah Bergamini, l’ha addirittura accolta e l’aula l’ha approvata. Il governo di un fuoriclasse come Mario Draghi - detto senza alcuna ironia, perché il premier rispetto alla congrega dei capipartito è davvero di un altro pianeta - ha sposato una fregnaccia del genere. Misteri.

Ma visto che quando entri al circo Barnum le sorprese non sono mai finite, il vero dato spassoso, ma anche pedagogico assai, non è tanto lo scellerato “sì” governativo quanto la reazione degli scienziati che in questi ormai quasi due anni ci hanno dato la (ondeggiante) linea sulla pandemia, ci hanno accompagnato nei suoi momenti oggettivamente più scoraggianti e che in questi ultimi mesi, molto più tranquilli e forse quasi normali, ci hanno comunque tenuto compagnia, proprio come un gatto ronfante sul sofà il sabato sera.

Bene, appena votato l’ordine del giorno, apriti cielo. Il fronte finalmente unito degli esperti di ogni scuola di pensiero ha smesso di ringhiarsi addosso come bassotti che si contendono una vecchia ciabatta e hanno rovesciato sul povero Trizzino la loro ira funesta: “Vergogna!”, “Intollerabile!”, “Bulgaria!”, “Bavaglio alla libera scienza”, ma soprattutto il classico dei classici della rissa televisiva nostrana, il poker d’assi che chiude sempre ogni discussione: “Siamo al fascismo!!”.

Ora, in punta di diritto, Galli, Crisanti, Bassetti, Viola e le seconde e terze linee del pensiero scientifico catodico hanno tutte le ragioni del mondo. L’ordine del giorno è vergognoso, oltre che ridicolo, e non esiste sulla faccia della terra che venga istituito un tribunale, una commissione, un gran giurì di sedicenti controllori, revisori e decisori che stabiliscano chi può andare ospite in televisione e chi no e se uno può andare o meno in radio.

Il dato di fondo però è un altro. La loro reazione veemente va ben al di là della sacrosanta difesa del diritto di fare quello che si vuole e di parlare dove si ritiene opportuno, per diventare invece uno sbroccamento, una crisi isterica, una sindrome da perdita di palcoscenico. Se ne è già parlato in diverse occasioni, ma il sospetto sospettoso, anzi, la certezza pressoché adamantina, è che loro, anche loro, come tutti - appena un essere umano finisce davanti a una telecamera diventa una macchietta - in questi lunghi mesi di comunicazione continuativa e ossessiva si siano trasformati da testimoni a protagonisti e poi da protagonisti a prigionieri. Prigionieri del loro personaggio, della loro parte in commedia: il virologo ex Sessantottino, l’infettivologo di destra, quello incazzoso, quello sciupafemmine, quella maestrina dalla penna rossa, quella madonnina infilzata, quella panterona briffalda. Una specie di Grande Fratello Virus Vip, di Isola dei famosi Covid Free nei quali le competenze - che ci sono, ci mancherebbe altro - diventano via via del tutto irrilevanti, mentre sono l’egocentrismo, il narcisismo, la superbia a prendere la scena per non mollarla mai più. Manca solo l’approdo in Parlamento, che per qualcuno di certo avverrà, date tempo al tempo, e la frittata è fatta.

Da questa vicenda ci rimane in eredità una piccola malinconia e cioè che, almeno all’inizio, avevamo tutti sperato che loro, almeno loro che avevano passato gli anni sui microscopi e nei reparti degli ospedali a fare ricerca vera e a confrontarsi con la sofferenza vera, potessero essere immuni dal demone della vanità e invece - è bastato un attimo - sono diventati tali e quali alle altre categorie che da anni, senza alcun senso della vergogna, bivaccano sui media, coprendosi regolarmente di ridicolo quali cuochi, filosofi, economisti, magistrati, scrittori, senza contare naturalmente i politici - con la luminosa eccezione del solito Draghi, che fino a oggi non è mai andato a un talk show e fino a quando tiene duro rimarrà il nostro idolo – e, a chiudere in bellezza, i giornalisti, che in quanto ad ammorbarci tutti i giorni in diretta e a farci la spiega e a farci la morale e a spiegarci i segreti dell’universo mondo e a rivelarci la verità che hanno appena tirato fuori dal loro taschino non prendono lezioni da nessuno. Una tale pletora di personaggi da vaudeville, da commedia degli equivoci, da far venire il mal di testa e da far anche venire in mente cattivi pensieri. Ma sai che, in fondo, non è poi così male questo Giorgio Trizzino?

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