Box: il lungo volo dei Rockets
in 7 storici capolavori d'argento

Pionieri del rock elettronico, presentano il box The Story che riunisce i sette album dei cosiddetti “silver years” con un'innovazione degna del mito del gruppo: in ogni cd, che ripropone la grafica originale dei long playing, è presente un e-book con testi e foto

COMO Pionieri del rock elettronico, capaci di colpire a prima vista con un'immagine impossibile da dimenticare studiata dal grande produttore Claude Lemoine, campioni delle charts con singoli e album vendutissimi, i Rockets (nella foto grande) sono sempre molto amati da un agguerrito seguito di fan in tutta Europa.
Merito della creatività di Gérard L'Her e Alain Maratrat, autori di gran parte dei brani, delle ritmiche ossessive di Alain Groetzinger, dell'immagine aliena di Christian Le Bartz, soprattutto delle tastiere e del vocoder di Fabrice Quagliotti che oggi, oltre a preparare nuovo materiale, fa tesoro del suo passato curando il box The Story (nella foto piccola) che riunisce i sette album dei cosiddetti “silver years” (quando tutti erano argentati) con un'innovazione degna del mito del gruppo: in ogni cd, che ripropone la grafica originale dei long playing, è presente un e-book con testi e foto. Un'occasione per ripassare i più bei lavori del quintetto francese.
Rockets - Fin dalle prime note di Apache, il vecchio successo degli Shadows, cavallo di battaglia di ogni chitarrista in erba negli anni Sessanta, ci si accorge di essere al cospetto di qualcosa di inedito: ritmica quasi funky, filtri elettronici, suoni indecifrabili trasformano completamente il pezzo. I testi sono in francese, sono presenti spunti rock molto decisi - su tutti Fils du ciel, ma il pezzo forte è Future woman, molto “anni Ottanta”, solo che siamo nel 1975.
On the road again - Con l'ingresso di Fabrice Quagliotti, i Rockets spiccano definitivamente il volo verso le zone alte delle classifiche europee. È merito del tastierista se il vecchio boogie dei Canned Heat On the road again si metamorfizza in una cavalcata spaziale che lascia il segno. Un tour tra le stelle che prosegue con Cosmic race, l'affascinante Venus rhapsody, Space rock, la complessa Astrolights, la sperimentale Electro-voice e la scatenata Sci-fi boogie (immaginate Marc Bolan su Urano...).
Plasteroid - Electric delight è un altro singolo irresistibile. Il disco è molto più coeso dei precedenti e punta su canzoni meticolosamente costruite come Legion of aliens” e “Cosmic feeling.
Live - Se gli spettacoli dal vivo colpivano l'immaginario per gli effetti speciali e i costumi, il puro ascolto ci restituisce una band molto amata dal suo pubblico, un gruppo di eccellenti musicisti dal suono compatto e aggressivo. Significative, in questo senso, la versione ammodernata di Future woman e una On the road again che oltrepassa i dieci minuti.
Galaxy - È l'ambiziosissimo album che inaugura gli anni Ottanta, aperto dall'ennesima hit, Galactica, indubbiamente uno dei brani più celebri dei Rockets. L'elettronica è sempre più all'avanguardia in pezzi come Synthetic man ma non mancano momenti più tipicamente rock come Universal band. In chiusura un breve medley dove si mescolano ben diciassette canzoni del passato, segna voler mettere un punto fermo.
«pi» 3,14 - I tempi sono cambiati. Sopravvissuti al punk, i cinque si ritrovano catapultati in piena era new wave, adottano le percussioni elettroniche e introducono perfino una voce femminile, quella di Chantal Ricci, in Ideomatic.
Atomic - I Rockets si sciolgono quando hanno ancora qualcosa di interessante da proporre. Lo testimonia questo ultimo album, poco considerato e, invece, da riscoprire per momenti suggestivi come Some other place, some other time e Star vision e trascinanti come Light speed junky.
Un'eccellente chiusura di questa era d'oro. Pardòn... d'argento.
Alessio Brunialti

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