Le stelle del black power
Gli esordi dei Jackson 5

È nei negozi “The complete album collection”. Un’opera fondamentale con quei tredici album che furono pubblicati sotto l’egida di Berry Gordy

Un lussuoso cofanetto a prezzo contenuto per rendere giustizia alla formazione in cui, è proprio il caso di dirlo, nacque e non solo artisticamente, il “re del pop”: i Jackson 5.

Ci sono artisti e gruppi di cui non si butta via niente, proprio come il proverbiale maiale: non si contano le antologie, le raccolte di inediti, lati B, session radiofoniche, live più o meno interessanti, soprattutto di artisti passati a miglior vita. Elvis è l’esempio più eclatante.

Ma ci sono casi che restano misteriosi, su tutti quello di Michael Jackson: dopo la sua scomparsa era lecito aspettarsi lo sfruttamento commerciale della più redditizia star della musica del XX secolo, ma se non sono mancate le operazioni “di cassetta”, i veri fan sono rimasti abbastanza con l’amaro in bocca. Tanti brani pubblicati ufficialmente restano ancora irreperibili in digitale e solo “Bad”, con il bel box per il 25° anniversario, ha ottenuto il trattamento che meritava (e che meriterebbe “Thriller”, magari prima del 2017). La Motown si è mossa molto meglio della Epic. Prima ha dato alle stampe “Hello world: the Motown solo collection”, raccolta esaustiva delle canzoni pubblicate dall’artista imberbe per l’etichetta di Detroit.

Ora è nei negozi “The complete album collection” dei Jackson 5, un’opera fondamentale che raccoglie i tredici album pubblicati durante la permanenza dei fratellini sotto l’egida di Berry Gordy.

È una storia durata solo sei anni, dal 1969 al 1975, che si traducono in milioni di copie vendute nel mondo e nella nascita di un fenomeno artistico, culturale e commerciale senza precedenti. Nell’America che aveva rieletto Nixon nonostante il perdurare della guerra del Vietnam e, quindi, della contestazione, mentre il “black power” metteva a serio rischio la convivenza pacifica tra bianchi e neri, mentre la sbornia hippy si consumava tra la gioia di Woodstock e l’orrore di Altamont, questi cinque fratellini sembrarono un antidoto fresco e sbarazzino ai problemi del mondo. Di lì a poco Marvin Gaye, nobile compagno di scuderia, avrebbe messo in discussione tutta la sua carriera per realizzare “What’s going on”, un’opera smaccatamente politica per una casa discografica che si teneva attentamente fuori dalla mischia. I Jackson erano troppo giovani per capire quello che stava accadendo, ma erano anche già abbastanza dotati da percepire perfettamente la musica che gli girava attorno.

Con una mossa promozionale senza precedenti, Gordy, decise di abbassare ulteriormente le loro età (quella di Michael, che aveva undici anni, venne ridotta a nove, pensando che avrebbe fatto ancora più tenerezza) e inventò di sana pianta una storia secondo cui era stata Diana Ross, per caso, a scoprirli nella piccola cittadina di Gary, nell’Indiana. Era tutto falso, naturalmente, ma non importava: “Diana Ross presents the Jackson 5” si vendeva come il pane e il singolo “I want you back” era al primo posto in tutte le classifiche. Un sogno per il discografico: abituati a un padre -padrone, i ragazzini non avrebbero mai contestato le sue mosse, le sue scelte e le sue imposizioni né avrebbero alzato la cresta in cerca di chissà quali pretese artistiche (come stavano facendo, in quello stesso periodo, gli ex pupilli Marvin Gaye e Stevie Wonder, quest’ultimo a sua volta ex bimbo prodigio).

Al contrario di quello che era accaduto con le Supremes, che avevano iniziato a sfaldarsi quando il boss aveva promosso la Ross a solista (e a compagna, ma la storia della Motown è degna di una soap o di un film, e infatti c’è: è “Dreamgirls” anche se i nomi sono stati tutti modificati), Tito, Jermaine, Jackie e Marlon Jackson furono ben lieti di fare da comprimari al piccolino di famiglia: Michael è voce solista o comunque principale in dieci delle dodici canzoni del debutto.

Tra gli altri album del box si segnalano il bis “Abc”, lo scoppiettante “Christmas album”, lo special televisivo “Goin’ back to Indiana”, il live “In Japan!” e la maturità di “Dancing machine” e “Moving violations” che preludeva al passaggio alla Epic e al mutamento della ragione sociale in Jacksons.

Per i collezionisti il cofanetto è imperdibile anche solo per l’inclusione di “Joyful jukebox music” e “Boogie”: due raccolte di inediti rarissime.

Alessio Brunialti

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