Abass: «Gli italiani costano
di più? Per me è una scusa»

Il nazionale comasco ed ex capitano di Cantù pensa al basket del domani

Il ct della Nazionale, Romeo Sacchetti, che - blindato all’ultimo minuto dal silenzio stampa societario Vanoli - arriva lo stesso a salutare e parlare della sua quarantena vissuta a Cremona, a un tiro di schioppo da uno degli ospedali maggiormente sottoposti a stress d’Italia. Il capitano della Opejobmetis Varese, Giancarlo Ferrero, che ricorda Chicco Ravaglia - sfortunatissimo doppio ex - e lancia un appello alle tifoserie: «Anche per Cantù e Varese è arrivato il momento di andare oltre al campanile e badare essenzialmente allo spettacolo del campo». E poi loro, entrambi bandiera (uno assoluta e l’altro più recente) della Pallacanestro Cantù: Pier Luigi Marzorati e Awudu Abass.

Non è passata inosservata, tra gente collegata e visualizzazioni postume, la videoconferenza del Panathlon International Area 2 Lombardia, fortemente voluta e supportata dal governatore Attilio Belloli. Sono piaciuti, soprattutto, i contenuti - alti, molto alti e anche non legati soltanto alla pallacanestro lombarda (al centro del focus) - e gli interventi da remoto.

Tra questi (i contenuti), due argomenti su tutti: il ruolo degli italiani, che diventerà sempre più centrale dopo l’emergenza coronavirus e il conseguente annullamento del campionato, e le riforme che andranno certamente introdotte post pandemia.

Ha rotto il ghiaccio Awudu Abass, esterno della Germani Brescia e della Nazionale. «Gli italiani costano di più e i dirigenti preferiscono buttarsi sugli stranieri per i ruoli più importanti - si è chiesto l’ex capitano di Cantù -? Una scusa. Secondo me è una scusa. Alla fine è vero che non siamo in tanti a essere protagonisti e a giocare in A, ma i contratti di adesso sono ben diversi da quelli di un passato nemmeno troppo lontano. Gli italiani vanno trovati e valorizzati».

E, a fargli da sponda, il capitano di Varese. «Sottoscrivo e sottolineo due volte le parole di Abi - dice Ferrero -. Che sia solo l’alibi dei dirigenti? Questo non lo so, ma di certo la favola dei giocatori italiani che costano di più non esiste in maniera categorica».

Sornione, ma sempre sul pezzo, Pier Luigi Marzorati. Che, però, cavalca l’onda dei due giocatori in attività. «Il destino del nostro basket - spiega il Pierlo - è presto detto: servirà investire sulle strutture, e tra queste annovero anche i settori giovanili, perché la base della piramide andrà per forza allargata. Bisognerà studiare una formula per premiare le squadre che faranno giocare gli italiani e i giovani del vivaio. Servirà del coraggio e la capacità di osare, un po’ quel che accadde con me: ci fosse stato questo regolamento allora, probabilmente non avrei mai esordito a 17 anni. I club dovranno avere convenienza, anzi vantaggi, a reinvestire su giocatori italiani. Anche per non penalizzare troppo la Nazionale. E il governo si ingegni per concedere una deroga sui contributi, che sono eccessivi. La voce tassazione dei giocatori è troppo impegnativa per un movimento in queste condizioni».

Abass dà ragione al totem canturino. «È finito il tempo - dice - di investire molto sui giocatori e poco sulle strutture. Che portano entrate a tutti i livelli e che incoraggiano gli sponsor. Se hai dieci di budget, inutile che tu spenda 15 per poi non onorare gli impegni. Talvolta si vuole fare troppo, più di quelle che sono le possibilità, e invece sempre più spesso assistiamo a squadre che riescono a fare lo stesso bella figura anche se hanno messo meno sul piatto. Non è facile far tornare i conti tra bilanci e richieste importanti, ma un cambiamento sarà inevitabile».

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