Magatti, festa e qualche dubbio: «Vado avanti a giocare? Non so»

Rugby Ai Mondiali la comasca celebrata per le 50 presenze in Nazionale. «L’uscita ai quarti non ci soddisfa, ma per esserci ho chiesto l’aspettativa»

«Quando uscivamo a piedi, la gente per strada ci salutava, ci suonavano il clacson. Quasi tutti sapevano che eravamo delle giocatrici della Nazionale italiana di rugby e avevano visto le nostre partite». Maria Magatti ha avuto la fortuna di giocare il Mondiale in Nuova Zelanda, la patria del rugby.

«È stato molto bello»

Un’esperienza affascinante, anche al di fuori del campo e degli impegni agonistici. «Siamo state calate in una realtà che vive della palla ovale, come da noi si fa con il calcio. È stato molto bello e questo è una delle immagini più intense che conserverò per sempre».

La comasca (30 anni) ha vissuto un altro momento importante ed emozionante, quando, nella partita contro la Francia, è uscita dagli spogliatoi prima di tutte le altre per ricevere gli applausi del pubblico per la cinquantesima presenza in maglia azzurra. «Sono molto contenta di aver raggiunto questo traguardo personale che era uno degli obiettivi che mi ero data - spiega Magatti -. È stato bello entrare per prima e assaporare tutto lo stadio, tutta quella sensazione particolare».

A livello agonistico la comasca confessa invece che la squadra non ha centrato il traguardo che si era posto. «È stato importante arrivare ai quarti, ma noi ci eravamo prefissati di arrivare in semifinale - dice -. Purtroppo con la sconfitta con la Francia, non siamo riuscite ad andare avanti e quindi non possiamo essere del tutto soddisfatte».

Dopo il bilancio è tempo di pensare al futuro. «Non ho ancora deciso cosa farò: se andrò avanti ancora a giocare. Sto valutando delle situazioni».

In caso di ritiro dall’attività la comasca non resterà nel mondo della palla ovale. «Il rugby non sarà per sempre nella mia vita, almeno sul campo - afferma -. Sono invece sicura che lo sport farà parte della mia vita perché ho studiato Scienze Motorie e lavoro da un paio di anni in una scuola come insegnante. Non so se farò l’insegnante per sempre, ma sono felice e soddisfatta di questa attività e mi piace».

«Mi ritengo fortunata»

Sulla decisione di proseguire ad alto livello con la Nazionale, peserà anche il rapporto con il lavoro, che già in passato ha avuto il suo peso, con la rinuncia ad alcune chiamate in azzurro. Nonostante alcuni progressi, il rugby femminile in Italia è lontano dall’essere considerato uno sport professionistico.

Le stragrande maggioranza delle atlete infatti hanno un’attività lavorativa, come Magatti. «Per partecipare alla rassegna iridata ho chiesto un’aspettativa nella scuola in cui lavoro - conclude -. E mi ritengo fortunata ad avere avuto la disponibilità da parte della struttura».

© RIPRODUZIONE RISERVATA