A che gioco giochiamo?
Minibasket da rivedere

Stanno facendo discutere anche nella nostra provincia le ultime riflessioni di Maurizio Mondoni, uno dei guru del minibasket a livello nazionale

Stanno facendo discutere anche nella nostra provincia le ultime riflessioni di Maurizio Mondoni, uno dei guru del minibasket a livello nazionale. L’ex responsabile federale della formazione degli istruttori, ha infatti dichiarato la sua contrarietà alle metodologie di insegnamento attuali: “questo non è minibasket” ha detto.

Il dibattito mette di fronte due correnti di pensiero. Quella più ortodossa che predilige una crescita tecnica, e quella più recente che promuove l’attività sotto forma di gioco. Uno dei nostri istruttori storici, Giovanni Sangalli dell’Albavilla, non ha dubbi. «Ultimamente vedo che gli istruttori e la federazione sono improntati sul gioco. E quando li affianchiamo, diciamo: ok, ma i giochi diventano ripetitivi e i bambini si stufano. Io ho fatto il corso con Mondoni e quindi la penso come lui. Va bene il gioco, ma deve essere improntato a una fase tecnica e agonistica, se no è come andare all’asilo».

Anche Max Di Landri del Tavernerio sposa questa tesi. «La linea di insegnamento che ho sempre seguito, è improntata sulla tecnica sin da piccoli. Niente fabulazioni e niente giochini, come invece vengono spinti a fare i nuovi istruttori seguendo il metodo Cremonini. Ma bensì basket in miniatura, e cioè tecnica adeguata alla loro età. Tamantini ad esempio era un bel riferimento per l ’insegnamento con predilezione alla tecnica».

Sofia Turri del Cucciago Bulls sottolinea anche altri aspetti. «Concordo in pieno con quanto detto dal prof Mondoni. I bambini non si divertono e soprattutto non imparano. Arrivano al giovanile totalmente impreparati e così si rischia solo di farli smettere, perché si trovano davanti ad un basket diverso da quello a cui erano abituati».

Una figura istituzionale è ovviamente Antonio Tieghi del Minibasket Cantù. Cosa ne pensa ? «Il metodo migliore è quello per la prima fascia d’età di fargli fare il gioco con dei momenti abbinati alla coordinazione motoria. La fase centrale invece usando i fondamentali di base, applicati a delle situazioni di gioco senza esagerare nella tecnica. Nella fase ultima poi, quando devono sbarcare nel giovanile, bisogna dare gli strumenti per affrontare situazioni di partita reali. Cioè, se giochi troppo, il ragazzo si stufa, vuole il confronto con sé stesso e poi con gli altri».

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