Irina: «Sei milioni per Cantù
Ma non a tutti andiamo bene»

Intervista alla presidente della Pallacanestro Cantù: «Delusa? Più che altro sono perplessa»

L’ agendina è sulla scrivania. Pagine di appunti, fitti fitti. Penna blu su fogli bianchi. Ma è più una mossa psicologica. Perché non toglie mai lo sguardo dall’interlocutore e non si cura di quello che ha scritto.

Va dritta al punto. «Una situazione strana». E lo ripeterà più volte nell’intervista. Un mix di inglese, fluente, qualche parola in italiano e altre naturalmente in russo. «Una situazione strana», Irina Gerasimenko, presidente della Pallacanestro Cantù, è più che mai sul pezzo. E non ha bisogno di quello che si è appuntata per tenere alto il ritmo della conversazione.

Cosa non si spiega?

Posso cominciare dall’inizio, giusto per inquadrare meglio la situazione?

Faccia pure, nessun problema.

Si sono scritte e dette tante cose, in quest’ultimo periodo, preferisco parlare direttamente.

Vada, vada...

Dall’inizio, il nostro unico impegno è stato quello di stabilizzare il club. Per poi investire e costruire qualcosa di importante.

Quindi?

Non è stato semplice. Però questa è una città che mi piace. Un ambiente unico, con persone giuste. E in tanti con la testa rivolta alla pallacanestro.

E dunque?

Dunque ho capito il ritmo e le abitudini della gente. Mi hanno stregato i sentimenti, l’atmosfera e il calore del Pianella. Ecco perché poi abbiamo deciso di acquistarlo e rinnovarlo.

Eppure...

Eccoci alla questione. Eppure c’è gente che non ci perdona mai nulla. Un anno e mezzo dopo aver rilevato il club, dopo che tantissime cose sono cambiate, ancora non si capiscono i nostri sforzi. E noi siamo rimasti i russi arrivati qui per distruggere la società, Cantù e l’Italia. Non un grazie. Anzi, in realtà qualcuno c’è. Ma sono lo stesso molto pochi. Una situazione strana.

Vuol dire che siete rimasti soli?

Vuol dire che abbiamo amici veri, e non sono pochi. Che abbiamo l’appoggio dei nostri tifosi, e sono unici. Ma ci manca ancora dell’altro.

Tipo?

Tipo sponsorizzazioni, abbinamenti e contributi: una situazione inspiegabile.

Ma il suo è uno sfogo o un testamento?

Macché testamento. Siamo e saremo ancora qui. Sono una guerriera, non mi abbatto. Ma almeno lasciatemi la possibilità di covare un po’ di delusione.

Le cose non sono mai cambiate? Nemmeno quando voi avete deciso di voltare pagina, tornando sui vostri passi iniziali e riaprendo allo staff e alla mentalità italiana?

Difficile capire perché la gente non creda nella mia famiglia e nel nostro progetto. Abbiamo sempre cercato di fare il meglio, scegliendo i coach più preparati e giocatori già pronti. Se lavori, sbagli. E noi che lavoriamo tutti i giorni probabilmente avremo pure sbagliato. Ma sempre pensando di fare il meglio per la società.

Delusa?

Più che altro perplessa. Fino adesso, tra club e nuovo palazzetto, la mia famiglia ha già messo sei milioni di euro. In un anno e mezzo non mi sembrano pochi.

Per raccogliere poco, però.

Vero. Ma si è fatto tutto pensando che fosse la cosa migliore per Cantù. E tra l’altro tra mille difficoltà.

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