«Un po’ più di qualità e meno alti e bassi. Si vince col gruppo»

Sacchetti, allenatore della Pallacanestro Cantù: ««La Coppa Italia, dopo il campionato, è la cosa sulla quale puntiamo di più»

Il sole, a tratti già primaverile, aiuta, e non poco. Il sigaro costituisce l’abituale compagno. Da qui, cintura comasca che più cintura non si può, oltre alle splendide montagne alpine. si può guardare anche al futuro della Pallacanestro Cantù.

Romeo Sacchetti se lo sta godendo questo turno di riposo, soprattutto se lo gode la famiglia che, una volta tanto, ce l’ha tutto per sé. Non prima però di averci fatto le carte del campionato.

Coach, come arriva la squadra alla sosta: con l’80% di vittorie, diremmo non male...

Non si può dire che non sia una prima parte non positiva. Anzi. Abbiamo fatto un po’ di fatica all’inizio, quando c’erano anche da capire i miei ritmi e le mie richieste. E, quindi, finché non siamo riusciti a conoscerci meglio, è andata così, tra alti e bassi.

Che lei, però, aveva messo in preventivo.

Sapevo che ci sarebbe voluto del tempo. Inevitabile quando è tutto nuovo, quando la squadra deve conoscere lo staff e il tecnico deve avere a che fare con i giocatori per la prima volta.

Un processo di crescita, il vostro, che è passato per partite e situazioni diverse.

Vissuto attraverso impegni sulla carta facili e poi portati via in extremis o dopo due supplementari. Ma anche per vittorie, tipo quelle con Treviglio o a Piacenza e Torino dove siamo riusciti a far vedere della bella pallacanestro.

E adesso, con la vittoria contro Monferrato, avete un po’ più raddrizzato la barra dopo i due ko di fila con Piacenza e ad Agrigento.

Non siamo nel miglior momento di brillantezza, ma anche per scelta consapevole, visto che con il preparatore atletico D’Ancicco abbiamo individuato questa come la fase per caricare fisicamente. Ovviamente ne risentiamo. Poi, vi dico che mentalmente la partita che ha fatto più male è stata quella contro Piacenza. Magari non la più brutta, se penso a quella con la Stella Azzurra, ma lì almeno la sistemammo.

Insomma, anche il calo è nella norma?

Normale che nel corso di una stagione ci sia un po’ di down, l’importante è averne consapevolezza. Tutti.

Cosa manca ancora a questa squadra per essere sempre quella macchina perfetta vista solo a tratti, finora?

Dobbiamo ancora trovare continuità nei 40 minuti, arrivare a quell’obiettivo per sperare di essere competitivi sempre e anche quando le partite conteranno di più.

Per cui ci vuole?

Maggiore qualità e più presenza sul campo. Arriverà il momento in cui per essere competitivi sempre ad alti livelli non potremo più concederci i passaggi a vuoto che ci hanno contraddistinto fin qui.

Quanto hanno influito i tanti imprevisti che non vi hanno mai permesso di giocare al completo?

Situazioni da mettere in preventivo, lungo una stagione. Ed è per questo che avevamo deciso di partire con una rosa da dieci. Senza, però, sapere che ogni volta ci sarebbe toccato far fronte all’emergenza. Stefanelli, Pini, Baldi Rossi, Da Ros e i piccoli acciacchi degli altri... È stato un continuo.

Foste stati sempre in dieci, sarebbe stato diverso?

Chi può dirlo? Di sicuro è un’altra storia, per me e per i giocatori. Per i giocatori, principalmente, perché devono capire che minutaggi e situazioni devono essere divisi per dieci. Io non sono uno che sta lì a fare i cambi con il cronometro in mano. Anzi, mi è sempre poco piaciuta la matematica, figuriamoci poi se applicata a un gruppo squadra.

E dunque?

E dunque anche qui serve un salto di qualità. Serve acquisire una mentalità diversa. Pensare più alla squadra che non al singolo. I giocatori devono convincersi del fatto che fanno parte di un sistema, che oggi potranno avere lo spazio che desideravano, ma che domani, per il bene di tutti, questa possa anche diminuire. Senza che diventi un dramma o l’appiglio per farne un processo, tutte le volte.

È l’A2 che si aspettava, coach?

No. È una continua scoperta. Che ci fossimo noi, Cremona, Treviglio e pure Torino, che all’inizio un po’ tutti avevano snobbato, lì a lottare ci poteva anche stare. Ma che potessimo incontrare anche altre avversarie di alto livello e organizzate, anche per me è stata una sorpresa. Io dico sempre Agrigento, perché è quella che più mi ha colpito, ma - credetemi - di buone squadre e di buonissimi giocatori è pieno il campionato. E questo fatto mi sembra importante.

Perché?

Perché dà lustro alla Lega. Anche di là, nell’altro girone, ci sono 4 o 5 squadre di alto livello: Udine, per roster, è quella che più spicca, ma Pistoia, Forlì e la stesso Cento giocano davvero bene. Insomma, vedo 8 o 9 squadre attrezzate per puntare alla promozione.

Sta guardando l’altro girone solo in ottica final four di Coppa Italia o per pensare già anche a soluzione per il futuro?

Fondamentalmente sono uno che cerca di guardare le sue cose. Poi è naturale che abbia voluto rendermi conto di persona anche dell’altra realtà, senza fermarmi al sentito dire. Però, posso dirvi che in questo momento penso solo e soltanto alla stagione regolare.

Non ancora alla Coppa Italia?

Sarà pesante e stimolante al tempo stesso. Pesante per via del fatto che l’abbiamo organizzata noi e su un campo che abbiamo scelto noi. Stimolante, perché l’idea di poter vincere qualcosa intriga tutti. Per cui prendiamoci tutto l’entusiamo che arriva: è proprio bello. Poi la Coppa, ovviamente dopo il campionato, è la cosa che più ci interessa vincere.

In un ambiente bello caldo.

Finora è sempre stato così. Ora sarebbe bello dare un’altra risvegliata e portare al palazzo chi ancora non ci è venuto o lo ha fatto poco. Ma spetta solo a noi.

Con Nikolic è convinto di avere in squadra l’Mvp del campionato?

È un ragazzo che ha fatto questa parte della stagione in maniera importante. Che se, come sono sicuro, riuscirà a tenere la testa sul collo avrà ancora molti margini di miglioramento. Incominciando dal capire che, in quel momento nel quale magari farà meno canestro, potrà essere utile lo stesso con rimbalzi e intensità. Di certo è un giocatore interessante.

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