Biella: «Cantù, ripartiamo da noi
E dagli errori. Per non ripeterli»

Lo sponsor, e consigliere di amministrazione, ha appena prolungato il contratto di abbinamento

Su e giù dall’ottovolante. Per quella che, senza scomodare nessuno, può considerarsi la sua settimana da dio, non fosse per l’unico flop sportivo. Comincia tutto con la promozione in B del Como, poi la retrocessione della Pallacanestro Cantù, quindi il prolungamento di contratto - al di là di quella che sarà la serie - con il club biancoblù e infine lo scudetto dell’Inter.

Antonio Biella è un uomo fortunato, soprattutto dal punto di vista imprenditoriale, lui che è direttore generale di Acqua S. Bernardo, sponsor di questa e quella disciplina. Sponsor, però è ancora poco, visto l’emozione e il trasporto con i quali vive le vicende sportive.

Da dove cominciamo?

Scegliete voi, visto che comandate...

Allora da un gesto non banale e nemmeno scontato, come la conferma per altri tre anni dell’accordo con Cantù.

Una scelta di campo, l’ho già detto. Non solo commerciale e di marketing, anzi. Ma di amicizia, affetto e vicinanza ai valori della società. Un primo passo nel tentativo di fare tornare l’entusiasmo a chi ci ha creduto e ci crede ancora. In qualsiasi serie si giochi.

C’era dunque bisogno di un segnale...

E così è stato. C’era bisogno di far vedere che c’è gente che ci crede, che non solo resta e che anzi rilancia. Invece di uscire dal contratto, come la retrocessione potrebbe permettere. Un messaggio chiaro. S. Bernardo c’è e ci sarà, finché le forze economiche lo permetterano o finché Cantù ci vorrà, visto che siamo pronti a continuare a fare il main sponsor o un passo di lato qualora si palesasse qualcuno con un’offerta più redditizia.

Scelta, la sua, individuale, o di team?

Come direttore generale potrei anche permettermelo. Visto che stiamo parlando del nostro investimento commerciale più grande, diciamo che le scelte vengono sempre condivise con gli amici soci e i parenti.

Che paiono tutti coinvolti.

Sicuro. I miei fratelli, specie prima delle restrizioni, venivano spesso alla partita e mio papà, pur da casa, ha sempre voluto essere informato. Loro sono tutti contenti ed emozionati, io sono l’unico innamorato.

Roberto Allievi ha detto: “Ho sbagliato io, è tutta colpa mia”.

Non ha assolutamente sbagliato il presidente. Abbiamo sbagliato tutti insieme. E ora credo che sia giusto ragionare sugli errori, perché di errori ce ne sono stati e non è stata solo sfortuna, e cercare di non ripeterli. Dieci volte al giorno mi dico che è inutile andare alla ricerca del colpevole, ma che è più sensato imparare dagli errori. Anche perché, e lo so per esperienza personale, aiuta a migliorare.

In sostanza?

Abbiamo sbagliato tutti e tutti assieme siamo chiamati ad analizzare la situazione.

Meglio un terremoto o la stabilità?

Meglio la continuità. Paga sempre di più. A livello societario, soprattutto. Poi, se proprio proprio volete la mia, vi dico che probabilmente andrebbero fatte scelte diverse sui giocatori, visto che mi piacerebbe vedere gente con più voglia di lottare, più cazzimma e capacità di soffrire. Quest’anno è capitato un po’ poco.

Si spieghi meglio?

Spesso nella storia di una squadra, anche se non è di prima fascia e che vince, e nelle memoria collettiva di noi tifosi restano giocatori alla Max Reale che, magari non sono i più sopraffini in assoluto, ma coloro che per la maglia danno tutto e di più. Quel bel temperamento latino.

Un nuovo tipo di selezione all’entrata, vuole dirci?

È il mio pensiero, me lo chiedessero lo confermerei.

Quanto ha sofferto?

Tantissimo. Soprattutto con Reggio Emilia. Lì ci sono rimasto davvero male, lì si è chiusa la nostra avventura. E io me ne sono andato con il cuore che batteva forte e un gran mal di testa.

Ma quindi a Bologna siete andati come vittime sacrificali?

Non del tutto, ma quasi. Ci si sperava, e fino all’ultimo è stato così. Però sapevo sarebbe stato difficile con una squadra che ha due fuoriclasse come Banks e Aradori. Ma l’apice della nostra sofferenza, ve lo ridico, è stata contro Reggio Emilia.

Il fatto di essere sovente al fianco di un vulcano come Paolo Petazzi di Cinelandia l’aiuta o le fa aumentare lo stress?

È un grande aiuto. Perché ha battute che aiutano a stemperare la tensione. Soffre pure lui tanto quanto noi, ma il sarcasmo, probabilmente, lo sorregge e ci sorregge.

Da dove bisognerà ricominciare?

Da una società come la nostra, da un presidente serio come Roberto Allievi e da un progetto imprenditoriale societario vincente grazie anche all’ampio respiro e alle potenzialità che potrà dare a tutti il nuovo palasport, altra mirabile idea.

E veniamo al Como e alla promozione in serie B.

Forti emozioni, che ho potuto vivere in prima persona anche nella sfida decisiva con l’Alessandria. E poi quella magnifica favola di Giacomo Gattuso.

L’allenatore...

Adesso. Ma prima il ragazzo di Como, cresciuto nelle giovanili. Il nostro capitano, il nostro libero, un ruolo che ormai non esiste neanche più, nell’indimenticabile finale di Verona con il Como di Tardelli che batte la Spal e, guarda caso, sale in B. Due domeniche fa ho avuto le palpitazioni, sono entrato in campo e mi sono emozionato davanti al suo pianto a dirotto. Situazioni che hanno fatto riesplodere le emozioni di tifare per la squadra della mia città.

Lei però ci sta anche dicendo che, nel giro di poche ore, è passato dal paradiso del Como all’inferno di Cantù.

Sì, giusto il tempo di raggiungere Bologna con Petazzi. Ma lì mi sembrava che il destino fosse già segnato, che fossimo dei condannati a morte che andavano incontro alla propria ora e che non hanno avuto nemmeno la fortuna della grazia dell’ultimo minuto.

Il Como è per lei?

Un ambiente moderno e di respiro internazionale. Società con una grande conoscenza tecnica, tanto da allestire una squadra con giocatori già di categoria superiore. Sono solo lo sponsor e non la vivo da dentro, come mi accade con le cose di Cantù, visto che sono anche consigliere di amministrazione del club.

E a proposito di respiro internazionale, quella squadra nerazzurra con la I maiuscola...

È andato tutto bene, anche i risultati. Guardate che serie è stata inanellata da quando siamo diventati l’acqua ufficiale della squadra che ha vinto lo scudetto... Una pagina importantissima, il risultato più alto da quando siamo sponsor di qualcosa. Che chiedere di più? Siamo ovviamente molto felici, un momento bellissimo. Mio fratello di mezzo, Emanuele, domenica è andato a festeggiare per strada.

Anche in questo caso siete solo sponsor.

Ma di una società modello, con un’organizzazione pazzesca, dire da... Champions. Un’autentica multinazionale. Non abbiamo avuto ancora il tempo di conoscerci a vicenda, anche perché il non poter andare allo stadio non aiuta. Ma ci sarà tempo per farlo.

Nel frattempo che effetto le ha fatto vedere parlare Conte con a fianco la vostra celebre bottiglia con le gocce.

Come imprenditore sono rimasto molto colpito dalla soddisfazione di essere arrivato su un tavolo così importante e visto in tutto il mondo. Diciamo che dei ventimila obiettivi professionali che mi sono posto, uno l’ho raggiunto.

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