Gattuso e la conferma
«Ma avuto dubbi»

«Sono sempre stato molto tranquillo, in realtà. Pur sapendo che nel mio mestiere tutto può sempre accadere»

La notizia la dà direttamente lui: in quest’ultimo periodo Giacomo Gattuso è stato contattato da un paio di squadre. Chiacchierate telefoniche, che Jack ha fatto solo per cortesia, perchè in fondo è sempre stato sicuro di quello che sarebbe stato ancora il suo destino. Ma in questo particolare c’è tanto di quello che gli è accaduto negli ultimi due anni. E di quello che significa oggi per il Como confermarlo saldamente sulla sua panchina.

Jack, siamo ancora qua. Hai avuto in queste settimane, sinceramente, qualche dubbio che questo potesse non accadere?

Sono sempre stato molto tranquillo, in realtà. Pur sapendo che nel mio mestiere tutto può sempre accadere, so anche di aver fatto un buon lavoro e di essere in una società un po’ diversa dalle altre. No, non ero preoccupato, in fondo è stato più o meno come l’anno scorso. Era giusto e doveroso incontrarsi, parlare con Ludi e Wise, fare un bilancio e tirare le somme prima di avere certezze assolute. Ma non ho mai avvertito la sensazione che potesse accadere qualcosa di diverso, tantomeno che la società avesse contattato qualcun altro, non l’ho mai percepito.

Un incontro per dirsi cosa, se è lecito?

La cosa più bella che mi è stata detta da Wise è che io per il Como sono uno di famiglia. Ed è stato il complimento più bello, perché essere apprezzato come persona oltre che come allenatore è il massimo, soprattutto a casa mia.

Ma evidentemente ci sono anche altri motivi per riconfermarti.

Assolutamente sì, altrimenti non sarei qui. Uno può essere la persona migliore del mondo, ma se non ottiene risultati va a casa, come è giusto che sia. Anzi, la prima valutazione è proprio sul lavoro. E loro sono soddisfatti.

A posteriori, la società ha avuto qualcosa da ridire o è andato tutto bene così?

Mi è stata manifestata soddisfazione per come è andata la stagione. Sia Ludi che Wise sono uomini di calcio, conoscono bene le dinamiche di campo. Quindi hanno capito i motivi di qualche momento di difficoltà, dall’impatto iniziale ad altri problemi durante il percorso. Poi certo, le analisi si fanno, si parla di che cosa sarebbe potuto andare meglio, di qualche errore commesso, ma sono analisi normali.

Quello che interessa di più e che cosa ti sia stato chiesto per la prossima stagione.

L’obiettivo preciso non è stato ancora espresso, sicuramente si sa che si vorrà ottenere di più, le richieste saranno diverse. Non siamo ancora entrati però, se non a grandissime linee, nelle strategie di mercato, quali giocatori mantenere, dove e come aggiungerne... C’è molto da ragionare e da lavorare, quello che posso dire è che si comincerà a farlo molto presto, sarà un’estate intensa.

Come lo sono stati per te tutti questi mesi, forse mai così tanto.

Senza forse. Non ho veramente mai lavorato con questo impegno continuo, sia fisico che mentale, come nell’ultimo anno e mezzo. E’ una fatica, ma è anche un grande orgoglio. Sinceramente, non so a quante persone possa capitare quello che è successo a me nella squadra della propria città. Sto continuando a vivere un sogno, una fase di vita troppo bella.

Quanto ti senti cambiato, se sei cambiato, con questa esperienza?

Tantissimo. Adesso mi sento veramente un allenatore differente da quello che ero prima. Dopo tanti anni con i giovani ora vedo e vivo le cose diversamente. Se avevo qualche dubbio su come sarebbe potuta andare, adesso non ne ho più. So che questo lavoro, questo ruolo, mi piace tantissimo, ora lo sento veramente mio. Voglio perfezionarlo, migliorarlo, andare avanti. Adesso so di poterlo fare bene.

E non è il Como l’unico a essersene accorto.

Mi hanno chiamato due squadre, tra C e B. Semplici chiacchierate, come ho detto non avevo dubbi sul mio futuro. Ma mi ha fatto piacere.

E tutto questo è arrivato a più di cinquant’anni... non ti viene il rimorso di non averci provato prima?

Si e no. In fondo non mi era mai stato chiesto, e stavo bene com’ero. Nei tanti anni a Novara ho fatto più volte il traghettatore, ma apprezzavano tanto quello che facevo con i giovani. In fondo anche lì sono cambiati direttori, sono cambiate le situazioni, ma io sono sempre rimasto al mio posto, e in quegli anni è stato il ruolo perfetto. Sono uno che si lega all’ambiente, figuriamoci poi se è il Como...

All’ambiente e ai giocatori. Perchè, visto da fuori, il tuo rapporto con la squadra è sempre stato ottimo.

Ho la fortuna di essere stato calciatore, e quindi di sapere che cosa può dare fastidio, che cosa ci si vuole sentir dire, so quanto conta la comunicazione con la squadra, e con i singoli. Anche se quando facevo il calciatore io ero tutto un po’ diverso, ci si doveva far andare bene tante cose, gli allenatori avevano un altro modo di comunicare, si doveva reagire alle difficoltà senza andare in crisi... Oggi è un mondo diverso, ci vuole più attenzione anche in questo. Ma devo dire che i ragazzi che ho avuto a disposizione, grazie anche al lavoro di Ludi, sono stati tutti ragazzi giusti.

Come festeggi questa riconferma?

Lavorando, avrò poco tempo per riposarmi. Adesso sto preparando la tesi per il Supercorso, a giugno ci saranno tre settimane intense di lezioni prima del diploma a settembre. La tesi è sull’evoluzione difensiva, su come sono cambiati i compiti dei difensori in questi anni. Da quando giocavo io a oggi c’è una nettissima differenza.

Sul campo, in panchina, il diploma senti di averlo già ottenuto?

So che per quanto ci sia affetto nei miei confronti quello che ho non mi è stato regalato. Me lo sono conquistato e ne sono orgoglioso, anche perché le responsabilità sono grandi, a casa propria ancora di più. Certo, sono stato agevolato dal fatto di lavorare in una società così, ma in questo mestiere non si può barare, o ci sei o non ci sei. E io sono ancora qui. Non so per quanto, spero il più a lungo possibile anche se non potrò fare l’allenatore del Como in eterno, ma quello che sto vivendo continua a essere il momento più bello della mia vita.

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